“Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri”: Omelia IV Domenica di Pasqua C – Rito Ambrosiano, 17 aprile 2016
“Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri”
IV Domenica di Pasqua C
(At 21,8b-14; Sal 15; Fil 1,8-14; Gv 15,9-17)
Questa Domenica la Chiesa Universale vive la Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni: ogni vita è vocazione, chiamata alla santità e a fare parte della grande famiglia di Dio Padre come figli amati. Alcuni, poi, sono chiamati in modo particolare ad offrire tutta la vita al Signore per essere testimoni dell’Amore più grande, quello di Gesù che si dona e fa nascere la Chiesa. Per questo, oggi, diciamo una preghiera in più per ringraziare il Padre delle vocazioni che ci ha donato e per chiederGli di continuare ad insistere nella chiamata perché ancora oggi uomini e donne rispondano e siano segno di questa “ricchezza di misericordia che diventa ricchezza di grazie!”.
Ci aiutano in questa invocazione e in questo ringraziamento le letture di oggi, e in particolare la testimonianza che da’ l’Apostolo Paolo sia nella narrazione degli Atti che nel breve brano della sua lettera ai cristiani di Filippi.
“Sia fatta la volontà del Signore!”: è questa la preghiera unanime per il destino di Paolo, segnato dalla persecuzione e dalla perdita di libertà preannunciata anche dal gesto profetico di Àgabo. I discepoli sono sempre “in lotta” tra il giusto attaccamento alla vita terrena e agli affetti che intercorrono tra le persone e il compimento della vita stessa nella testimonianza alta e difficile di chi dona la vita nel martirio. Paolo sa che la sua vita non è tolta, ma trasformata con il martirio: per questo non ha paura delle conseguenze del suo viaggio a Gerusalemme dove ad attenderlo ci sono i Giudei per consegnarlo nelle mani dei romani. Solamente una fede grande nelle promesse del Padre rivelate per mezzo di Gesù morto e risorto può animare una decisione così ferma dell’Apostolo. “Sia fatta la volontà del Signore” è, allora, la risposta coraggiosa della comunità dei credenti che non consegna o tradisce un suo figlio e fratello amato e caro, ma accompagna con la preghiera i suoi passi così difficili e sofferti verso il destino che accomuna il discepolo al Maestro.
“Prego che la vostra carità cresca sempre più in conoscenza e in pieno discernimento”: la preghiera di Paolo per i suoi fratelli nella fede di Filippi prende le mosse dalla sua stessa esperienza di riduzione in catene per Cristo. Soltanto per amore di Cristo si può sopportare anche la perdita della libertà per mano altrui; soltanto per l’affetto che lega i fratelli in Cristo Gesù l’Apostolo offre questo sacrificio perché sia da esempio e ancora di più da incoraggiamento nell’annunciare il Vangelo della salvezza. E questo lo si può fare solamente se chi è in questa ristrettezza, in questa sofferenza, prega perché ciascuno possa crescere in conoscenza del mistero di Cristo e in pieno discernimento della volontà di Dio: Paolo ci ricorda come la missione non sia nostra, un “affare personale”, e che nemmeno ciò che faremo o diremo è “nostro” ma è continua ricerca del meglio e della strada che il Signore sta preparando insieme per percorrerla a noi, sua e nostra volontà unite.
“Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri”: suonano strane queste parole, a ben vedere… si può comandare di amare, anzi, di amarsi reciprocamente? Eppure il Signore Gesù “osa” farlo, osa chiedercelo. Perché usa proprio questa espressione? Perché ce lo “comanda”? Il brano che abbiamo sentito è contenuto nei discorsi dell’ultima cene definiti il “testamento di Gesù”, una sorta di raccolta dei suoi insegnamenti consegnati alla memoria dei suoi più stretti discepoli. Nel brano il Maestro usa parole come gioia, amici, scelta… ed espressioni come “rimanere nel suo amore”, “dare la vita per i propri amici”: le conosciamo bene queste parole e queste espressioni! Ed è proprio per queste parole e queste espressioni che Gesù termina il suo discorso facendo un “riassunto”, un po’ come quando papa Francesco fa ripetere ai suoi interlocutori più di una volta un’espressione sintetica di quanto vuole trasmettere: Gesù sembra dire: “Sul mio esempio, sull’esempio del mio rapporto con il Padre, un rapporto di comunione piena e sempre cercata, vissuta, rinnovata; sul mio esempio, sull’esempio della mia vita diventata dono d’amore per te perché la mia gioia del dono pieno sia anche la tua gioia del dono pieno; sul mio esempio, sull’esempio della mia scelta continua di servire il Padre come Figlio amato e prediletto e di rimanere nel suo amore… Anche tu, caro fratello, cara sorella, puoi, anzi devi amare come io ti amo!”.
Questa richiesta è alta, sì, ma non irraggiungibile! Difficile, sì, ma non impossibile! E allora… fidiamoci, anzi, affidiamoci a questo Amore alto che sostiene la fatica, dona il coraggio, infonde l’audacia di obbedire al comandamento dell’Amore più grande!
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