Omelia nella IX Domenica dopo Pentecoste (B, rito ambrosiano) 22/7/18

IX DOMENICA DOPO PENTECOSTE

 

LETTURA
Lettura del secondo libro di Samuele 6, 12b-22

In quei giorni. Davide andò e fece salire l’arca di Dio dalla casa di Obed-Edom alla Città di Davide, con gioia. Quando quelli che portavano l’arca del Signore ebbero fatto sei passi, egli immolò un giovenco e un ariete grasso. Davide danzava con tutte le forze davanti al Signore. Davide era cinto di un efod di lino. Così Davide e tutta la casa d’Israele facevano salire l’arca del Signore con grida e al suono del corno.
Quando l’arca del Signore entrò nella Città di Davide, Mical, figlia di Saul, guardando dalla finestra vide il re Davide che saltava e danzava dinanzi al Signore e lo disprezzò in cuor suo. Introdussero dunque l’arca del Signore e la collocarono al suo posto, al centro della tenda che Davide aveva piantato per essa; Davide offrì olocausti e sacrifici di comunione davanti al Signore. Quando ebbe finito di offrire gli olocausti e i sacrifici di comunione, Davide benedisse il popolo nel nome del Signore degli eserciti e distribuì a tutto il popolo, a tutta la moltitudine d’Israele, uomini e donne, una focaccia di pane per ognuno, una porzione di carne arrostita e una schiacciata di uva passa. Poi tutto il popolo se ne andò, ciascuno a casa sua. Davide tornò per benedire la sua famiglia; gli uscì incontro Mical, figlia di Saul, e gli disse: «Bell’onore si è fatto oggi il re d’Israele scoprendosi davanti agli occhi delle serve dei suoi servi, come si scoprirebbe davvero un uomo da nulla!». Davide rispose a Mical: «L’ho fatto dinanzi al Signore, che mi ha scelto invece di tuo padre e di tutta la sua casa per stabilirmi capo sul popolo del Signore, su Israele; ho danzato davanti al Signore. Anzi mi abbasserò anche più di così e mi renderò vile ai tuoi occhi, ma presso quelle serve di cui tu parli, proprio presso di loro, io sarò onorato!».

 

SALMO
Sal 131 (132)

     ® Il Signore ha scelto Sion per sua dimora.

Ricòrdati, Signore, di Davide,
quando giurò al Signore:
«Non entrerò nella tenda in cui abito,
non mi stenderò sul letto del mio riposo,
finché non avrò trovato un luogo per il Signore,
una dimora per il Potente di Giacobbe». ®

Sorgi, Signore, verso il luogo del tuo riposo,
tu e l’arca della tua potenza.
I tuoi sacerdoti si rivestano di giustizia
ed esultino i tuoi fedeli. ®

Per amore di Davide, tuo servo,
non respingere il volto del tuo consacrato.
Sì, il Signore ha scelto Sion,
l’ha voluta per sua residenza:
«Questo sarà il luogo del mio riposo per sempre:
qui risiederò, perché l’ho voluto». ®

 

EPISTOLA
Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 1, 25-31

Fratelli, ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.
Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili. Ma quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio. Grazie a lui voi siete in Cristo Gesù, il quale per noi è diventato sapienza per opera di Dio, giustizia, santificazione e redenzione, perché, come sta scritto, «chi si vanta, si vanti nel Signore».

 

VANGELO
Lettura del Vangelo secondo Marco 8, 34-38

In quel tempo. Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, il Signore Gesù disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà. Infatti quale vantaggio c’è che un uomo guadagni il mondo intero e perda la propria vita? Che cosa potrebbe dare un uomo in cambio della propria vita? Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi».

 

Il segno più sacro e importante per l’Israele del tempo dell’Esodo e successivo è sempre stato l’arca di Dio, o arca dell’Alleanza, custode delle tavole della Legge delle Dieci parole donate da Dio direttamente a Mosè sul Sinai. La monarchia, iniziata da Saul e passata a Davide per volere divino, ora si “arricchisce” di questa presenza più che simbolica nella città del sovrano: la presenza misteriosa di Dio attraverso la sua arca, custodita dalla classe dei leviti nella tenda del Convegno. Di fronte a questo segno il re si umilia, danzando forsennatamente e quasi nudo (la nudità, all’epoca, era simbolo di schiavitù), per esprimere che il suo regno, in effetti, non è suo, ma semplice affidamento su questa terra del regno di Dio e del suo popolo. Cosa il Signore, invece, a noi chiede di custodire? Probabilmente l’Eucaristia come ringraziamento perenne e come Presenza perenne e Reale di Gesù nelle specie del pane e del vino. Quanta venerazione riserviamo a questi “segni”?

Paolo ci ricorda che la nostra fede, per scelta divina, si mostra al contrario della logica del mondo: stoltezza, debolezza… Come mai? “Per confondere la sapienza del mondo”: la nostra fede nel Signore Gesù assume i contorni di una scommessa proprio perché si mostra non più nella potenza e nel trionfo, ma nel servizio e nell’umiltà.

Gesù esplicita tutto nell’espressione “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”. Anzitutto la sequela, come la fede, non è obbligo ma riconoscimento di un dono r una possibilità di risposta a tale dono. Rinnegare se stessi non vuol dire annullarsi ma coltivare la virtù dell’umiltà che corregge e tiene a bada il nostro individualismo che tende sempre a metterci al centro (di noi stessi, delle nostre relazioni,…). Prendere la nostra croce, invece, pensiamo sia prendere i nostri peccati e i nostri difetti; e invece, guardando alla croce di Gesù, non è solo questo: se la croce di Gesù è una condanna ingiusta, anche la nostra croce è tutto ciò che non va e non dipende da noi, è il mistero del male gratuito che ci affligge.

Chiediamo la grazia di una fede solida e semplice, umile e affidata a un Dio che sopporta tutto per amore e che ci supporta nella nostra debolezza.

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