Omelia nella IV Domenica dopo Pentecoste (B, rito ambrosiano) 17/6/18

IV DOMENICA DOPO PENTECOSTE

LETTURA
Lettura del libro della Genesi 18, 17-21; 19, 1. 12-13. 15. 23-29
In quei giorni. Il Signore diceva: «Devo io tenere nascosto ad Abramo quello che sto per fare, mentre Abramo dovrà diventare una nazione grande e potente e in lui si diranno benedette tutte le nazioni della terra? Infatti io l’ho scelto, perché egli obblighi i suoi figli e la sua famiglia dopo di lui a osservare la via del Signore e ad agire con giustizia e diritto, perché il Signore compia per Abramo quanto gli ha promesso». Disse allora il Signore: «Il grido di Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave. Voglio scendere a vedere se proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a me; lo voglio sapere!».
I due angeli arrivarono a Sòdoma sul far della sera, mentre Lot stava seduto alla porta di Sòdoma. Non appena li ebbe visti, Lot si alzò, andò loro incontro e si prostrò con la faccia a terra.
Quegli uomini dissero allora a Lot: «Chi hai ancora qui? Il genero, i tuoi figli, le tue figlie e quanti hai in città, falli uscire da questo luogo. Perché noi stiamo per distruggere questo luogo: il grido innalzato contro di loro davanti al Signore è grande e il Signore ci ha mandato a distruggerli».
Quando apparve l’alba, gli angeli fecero premura a Lot, dicendo: «Su, prendi tua moglie e le tue due figlie che hai qui, per non essere travolto nel castigo della città».
Il sole spuntava sulla terra e Lot era arrivato a Soar, quand’ecco il Signore fece piovere dal cielo sopra Sòdoma e sopra Gomorra zolfo e fuoco provenienti dal Signore. Distrusse queste città e tutta la valle con tutti gli abitanti delle città e la vegetazione del suolo. Ora la moglie di Lot guardò indietro e divenne una statua di sale.
Abramo andò di buon mattino al luogo dove si era fermato alla presenza del Signore; contemplò dall’alto Sòdoma e Gomorra e tutta la distesa della valle e vide che un fumo saliva dalla terra, come il fumo di una fornace.
Così, quando distrusse le città della valle, Dio si ricordò di Abramo e fece sfuggire Lot alla catastrofe, mentre distruggeva le città nelle quali Lot aveva abitato.

SALMO
Sal 32 (33)
® Il Signore regna su tutte le nazioni.
Il Signore annulla i disegni delle nazioni,
rende vani i progetti dei popoli.
Ma il disegno del Signore sussiste per sempre,
i progetti del suo cuore per tutte le generazioni. ®
Beata la nazione che ha il Signore come Dio,
il popolo che egli ha scelto come sua eredità.
Il Signore guarda dal cielo:
egli vede tutti gli uomini. ®
Dal trono dove siede
scruta tutti gli abitanti della terra,
lui, che di ognuno ha plasmato il cuore
e ne comprende tutte le opere. ®

EPISTOLA
Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 6, 9-12
Fratelli, non sapete che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adùlteri, né depravati, né sodomìti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né calunniatori, né rapinatori erediteranno il regno di Dio. E tali eravate alcuni di voi! Ma siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio.
«Tutto mi è lecito!». Sì, ma non tutto giova. «Tutto mi è lecito!». Sì, ma non mi lascerò dominare da nulla.

VANGELO
Lettura del Vangelo secondo Matteo 22, 1-14
In quel tempo. Il Signore Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

 

La storia di Dio con gli uomini conosce anche pagine terribili come quella di Sodoma e di Gomorra: a differenza di Ninive, che alla predicazione del “reticente” profeta Giona si convertì, Sodoma e Gomorra vengono distrutte per la loro impermeabilità ai richiami continui alla conversione. Solamente Abramo e suo fratello Lot, insieme ai familiari, vengono scampati perché percorrono le vie del Signore e vivono secondo giustizia e diritto: gli “amici di Dio” sono quelli che, a partire dal cuore, esprimono nella vita di tutti i giorni gli insegnamenti ricevuti e vivono secondo la giustizia di Dio e il diritto che è “la via diritta”. Solamente la moglie di Lot, forse curiosa o forse “nostalgica” della vita precedente o “di peccato”, si volta verso la distruzione e rimane statua di sale, perdendo inesorabilmente la vita: la via diritta chiede coerenza, sempre.

Paolo ci ricorda che questa storia di Dio con gli uomini è certamente segnata anche dal peccato, e l’elenco dei dieci peccati che troviamo nel brano della lettera ai Corinzi lo testimoniano, ma anche e soprattutto trova la sua redenzione attraverso tre azioni divine: siamo lavati, santificati e giustificati, come a dire che l’uomo non può salvarsi da solo ma solamente quando si apre alla grazia di Dio trova il compimento di una vita piena e di una vita vera. E questa vita vera, questa vita piena sono da custodire con cura perché anche ciò che sembra lecito rovina poi un cuore e un animo capaci di donarsi senza riserve a questo Dio che lava, santifica e giustifica.

Il brano del vangelo contiene una parabola, cioè un insegnamento sotto forma di racconto che però contiene un paradosso. Gesù, nel descrivere il regno dei cieli e la sua presenza misteriosa ma reale nel mondo come figlio di Dio e Dio stesso, utilizza l’immagine del banchetto nuziale proprio perché il Padre intende così il suo rapporto, la sua alleanza con l’umanità: un matrimonio, un’alleanza fedele e duratura. Ma questo invito è “snobbato” da chi, popolo eletto, aveva tutti gli strumenti per accogliere questa rivelazione compiuta: così non riconoscendo l’invito a partecipare alle nozze come partecipazione alle nozze del Messia, l’antico Israele si nega la possibilità di essere eletto. Così l’apertura a tutti, a buoni e cattivi, alle genti dell’invito a partecipare a questa festa ci porta a sentire questo invito rivolto a ciascuno di noi: possiamo partecipare ma, attenzione, solamente se indossiamo l’abito nuziale. Cos’è questo abito? E’ la nostra dignità battesimale, l’essere realmente santificati e figli di Dio: è un dono grande che abbiamo ricevuto e che ci permette, nell’umiltà, di considerare questo invito e questa partecipazione non come un merito ma come una grazia, un dono gratuito.

“Sto pensando in questi giorni che con me il Signore attua il suo vecchio sistema : prende i piccoli dal fango della strada e li mette in alto, prende la gente dai campi, dalle reti del mare, dal lago e ne fa degli apostoli. È il suo vecchio sistema. Certe cose il Signore non le vuole scrivere né sul bronzo, né sul marmo, ma addirittura nella polvere, affinché se la scrittura resta, non scompaginata, non dispersa dal vento, sia ben chiaro, che tutto è opera e tutto merito del solo Signore (…) Su questa polvere il Signore ha scritto la dignità episcopale dell’illustre diocesi di Vittorio Veneto” (Albino Luciani, dall’omelia pronunciata il 4 gennaio 1959)

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