Omelia nella II Domenica dopo la Dedicazione del Duomo (C, 3/11/19)
II Domenica dopo la Dedicazione
Anno C
ALL’INGRESSO
Porgi l’orecchio, Signore, e ascolta:
salvaci tu, Dio nostro,
perché tutti conoscano che tu sei il solo Dio.
LETTURA Is 25, 6-10a
Lettura del profeta Isaia
In quei giorni. Isaia disse: «Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati. Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre distesa su tutte le nazioni. Eliminerà la morte per sempre. Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto, l’ignominia del suo popolo farà scomparire da tutta la terra, poiché il Signore ha parlato. E si dirà in quel giorno: “Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse. Questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza, poiché la mano del Signore si poserà su questo monte”».
SALMO Sal 35 (36)
Quanto è prezioso il tuo amore, o Dio!
Signore, il tuo amore è nel cielo,
la tua fedeltà fino alle nubi,
la tua giustizia è come le più alte montagne,
il tuo giudizio come l’abisso profondo:
uomini e bestie tu salvi, Signore. R
Quanto è prezioso il tuo amore, o Dio!
Si rifugiano gli uomini all’ombra delle tue ali,
si saziano dell’abbondanza della tua casa:
tu li disseti al torrente delle tue delizie. R
È in te la sorgente della vita,
alla tua luce vediamo la luce.
Riversa il tuo amore su chi ti riconosce,
la tua giustizia sui retti di cuore. R
EPISTOLA Rm 4, 18-25
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Fratelli, Abramo credette, saldo nella speranza contro ogni speranza, e così divenne «padre di molti popoli», come gli era stato detto: «Così sarà la tua discendenza». Egli non vacillò nella fede, pur vedendo già come morto il proprio corpo – aveva circa cento anni – e morto il seno di Sara. Di fronte alla promessa di Dio non esitò per incredulità, ma si rafforzò nella fede e diede gloria a Dio, pienamente convinto che quanto egli aveva promesso era anche capace di portarlo a compimento. Ecco perché gli fu accreditato come giustizia.
E non soltanto per lui è stato scritto che «gli fu accreditato», ma anche per noi, ai quali deve essere accreditato: a noi che crediamo in colui che ha risuscitato dai morti Gesù nostro Signore, il quale è stato consegnato alla morte a causa delle nostre colpe ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione.
VANGELO Mt 22, 1-14
✠ Lettura del Vangelo secondo Matteo
In quel tempo. Il Signore Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».
Il tema del banchetto sul monte a significare la capitolazione generale di fronte a Dio è tradizionale e lo si ritrova parecchie volte nell’antico, così come nel nuovo testamento. In particolare nel brano odierno, tratto da Isaia 25, questo banchetto sul monte è occasione perché tutti i popoli dispersi riconoscano l’unica signoria di Dio che toglie il velo della rivelazione e asciuga ogni lacrima eliminando la morte per sempre: dunque una capitolazione segnata dalla pienezza della fede e non da un vagare nel regno dei morti.
La figura di Abramo ci viene incontro come “padre della fede” e “padre di molti popoli”: egli che ha ascoltato con cuore vigile la chiamata di un Dio dei padri non conosciuto per la verità in modo preciso, ha però appoggiato a questa promessa tutte le sue scelte in obbedienza a quanto richiesto. E così, proprio la sua fede, “gli fu accreditata come giustizia”: Abramo riconosce che questo è un Dio affidabile e pronto ad adempiere ciò che promette. A maggior ragione noi, che siamo discepoli di Cristo il Messia, appoggiamo la nostra fede e la nostra giustificazione proprio sullo stesso Gesù: proprio per la sua morte e risurrezione noi possiamo sperare e credere nella salvezza offerta e donata a ciascuno di noi e offerta e donata a tutti.
Cosa ci viene chiesto, allora, in cambio? La parabola proclamata da Gesù sembra presentare un re vendicativo, un re che non assomiglia a Dio ma ad ogni uomo, a ciascuno di noi. Se il regno di Dio è l’invito al banchetto di nozze (dell’Agnello), un invito aperto a tutti, a tutti è chiesto di indossare l’abito nuziale, pena l’essere estromessi dal banchetto stesso. Ma questo abito nuziale è la stessa vita di fede, quella vita battesimale che è associata a Gesù morto e risorto e che trova nella perseveranza, nella fiducia, nella vita buona e nella carità il suo compimento migliore.
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