Omelia nella III Domenica di Pasqua (C, rito ambrosiano) 5/5/19
III DOMENICA DI PASQUA
LETTURA
Lettura degli Atti degli Apostoli 28, 16-28
In quei giorni. Arrivati a Roma, fu concesso a Paolo di abitare per conto suo con un soldato di guardia.
Dopo tre giorni, egli fece chiamare i notabili dei Giudei e, quando giunsero, disse loro: «Fratelli, senza aver fatto nulla contro il mio popolo o contro le usanze dei padri, sono stato arrestato a Gerusalemme e consegnato nelle mani dei Romani. Questi, dopo avermi interrogato, volevano rimettermi in libertà, non avendo trovato in me alcuna colpa degna di morte. Ma poiché i Giudei si opponevano, sono stato costretto ad appellarmi a Cesare, senza intendere, con questo, muovere accuse contro la mia gente. Ecco perché vi ho chiamati: per vedervi e parlarvi, poiché è a causa della speranza d’Israele che io sono legato da questa catena». Essi gli risposero: «Noi non abbiamo ricevuto alcuna lettera sul tuo conto dalla Giudea né alcuno dei fratelli è venuto a riferire o a parlar male di te. Ci sembra bene tuttavia ascoltare da te quello che pensi: di questa setta infatti sappiamo che ovunque essa trova opposizione».
E, avendo fissato con lui un giorno, molti vennero da lui, nel suo alloggio. Dal mattino alla sera egli esponeva loro il regno di Dio, dando testimonianza, e cercava di convincerli riguardo a Gesù, partendo dalla legge di Mosè e dai Profeti. Alcuni erano persuasi delle cose che venivano dette, altri invece non credevano. Essendo in disaccordo fra di loro, se ne andavano via, mentre Paolo diceva quest’unica parola: «Ha detto bene lo Spirito Santo, per mezzo del profeta Isaia, ai vostri padri: / “Va’ da questo popolo e di’: / Udrete, sì, ma non comprenderete; / guarderete, sì, ma non vedrete. / Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, / sono diventati duri di orecchi / e hanno chiuso gli occhi, / perché non vedano con gli occhi, / non ascoltino con gli orecchi / e non comprendano con il cuore / e non si convertano, e io li guarisca!”. / Sia dunque noto a voi che questa salvezza di Dio fu inviata alle nazioni, ed esse ascolteranno!».
SALMO
Sal 96 (97)
® Donaci occhi, Signore, per vedere la tua gloria.
oppure
® Alleluia, alleluia, alleluia.
Il Signore regna: esulti la terra,
gioiscano le isole tutte.
Giustizia e diritto sostengono il suo trono. ®
Annunciano i cieli la sua giustizia,
e tutti i popoli vedono la sua gloria.
A lui si prostrino tutti gli dèi! ®
Tu, Signore,
sei l’Altissimo su tutta la terra,
eccelso su tutti gli dèi. ®
EPISTOLA
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani 1, 1-16b
Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per chiamata, scelto per annunciare il vangelo di Dio – che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre Scritture e che riguarda il Figlio suo, nato dal seme di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità, in virtù della risurrezione dei morti, Gesù Cristo nostro Signore; per mezzo di lui abbiamo ricevuto la grazia di essere apostoli, per suscitare l’obbedienza della fede in tutte le genti, a gloria del suo nome, e tra queste siete anche voi, chiamati da Gesù Cristo –, a tutti quelli che sono a Roma, amati da Dio e santi per chiamata, grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo!
Anzitutto rendo grazie al mio Dio per mezzo di Gesù Cristo riguardo a tutti voi, perché della vostra fede si parla nel mondo intero. Mi è testimone Dio, al quale rendo culto nel mio spirito annunciando il vangelo del Figlio suo, come io continuamente faccia memoria di voi, chiedendo sempre nelle mie preghiere che, in qualche modo, un giorno, per volontà di Dio, io abbia l’opportunità di venire da voi. Desidero infatti ardentemente vedervi per comunicarvi qualche dono spirituale, perché ne siate fortificati, o meglio, per essere in mezzo a voi confortato mediante la fede che abbiamo in comune, voi e io. Non voglio che ignoriate, fratelli, che più volte mi sono proposto di venire fino a voi – ma finora ne sono stato impedito – per raccogliere qualche frutto anche tra voi, come tra le altre nazioni. Sono in debito verso i Greci come verso i barbari, verso i sapienti come verso gli ignoranti: sono quindi pronto, per quanto sta in me, ad annunciare il Vangelo anche a voi che siete a Roma.
Io infatti non mi vergogno del Vangelo, perché è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede.
VANGELO
Lettura del Vangelo secondo Giovanni 8, 12-19
In quel tempo. Il Signore Gesù parlò agli scribi e ai farisei e disse: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita». Gli dissero allora i farisei: «Tu dai testimonianza di te stesso; la tua testimonianza non è vera». Gesù rispose loro: «Anche se io do testimonianza di me stesso, la mia testimonianza è vera, perché so da dove sono venuto e dove vado. Voi invece non sapete da dove vengo o dove vado. Voi giudicate secondo la carne; io non giudico nessuno. E anche se io giudico, il mio giudizio è vero, perché non sono solo, ma io e il Padre che mi ha mandato. E nella vostra Legge sta scritto che la testimonianza di due persone è vera. Sono io che do testimonianza di me stesso, e anche il Padre, che mi ha mandato, dà testimonianza di me». Gli dissero allora: «Dov’è tuo padre?». Rispose Gesù: «Voi non conoscete né me né il Padre mio; se conosceste me, conoscereste anche il Padre mio».
C’è una malintesa confusione tra essere religiosi e avere fede. L’uomo religioso, anche profondamente religioso, è colui che fonda il proprio agire e il proprio essere sull’osservanza di alcune indicazioni precise derivanti da un sistema di valori e da un’autorità religiosa (appunto): per comando religioso, dunque, si può arrivare a giustificare l’uccisione, la persecuzione e l’eliminazione di chi non appartiene allo stesso credo; per religione si possono anche fare affari; per religione si può piegare una manifestazione del popolo, come una processione, per ribadire (con un “inchino”) chi davvero conta in un paese, in un quartiere… L’uomo credente, o meglio il “fedele” (che è una categoria anche giuridica contenuta nel Codice di Diritto Canonico che definisce coloro che, battezzati, fanno parte della Chiesa Cattolica) come lo è ciascuno di noi in questa assemblea è qualcuno che va oltre tutto questo: infatti i primi cristiani erano chiamati “illuminati” e la risposta la troviamo proprio nelle parole di Gesù nel Vangelo di oggi.
“Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita“: Gesù è la luce che illumina ogni uomo e noi, in quanto credenti, ci lasciamo illuminare dalla sua Presenza reale e misteriosa in mezzo a noi, dentro di noi. Come fedeli, come credenti noi non possiamo non prendere sul serio queste parole e questa indicazione precisa del nostro Maestro e Signore: senza la luce non possiamo camminare, muoverci, procedere nel cammino della vita; siamo come ciechi, erranti e vagabondi, senza strada e senza nessuna méta.
Come possiamo riconoscere, allora, dentro e fuori di noi questa luce che è Gesù? Anzitutto riconoscendo chi ci ha fatto il dono della fede: la nostra famiglia, i nostri genitori, i nostri padrini e madrine, quel prete o quella suora, quell’amico o quell’amica che con la sua fede mi ha incoraggiato, mi ha spronato, mi ha dato l’esempio. Vivere in una comunità familiare, così come in una comunità parrocchiale o in un gruppo cattolico dovrebbe aiutarci a riconoscere proprio questo: la luce della fede in Gesù che accende la vita, illumina le azioni, ispira le parole…
Le due testimonianze di Paolo che abbiamo ascoltato in questa liturgia sono esempio per i cristiani di ogni tempo di una vita che ha riconosciuto di essere illuminata dal dono di Gesù: Paolo non ha paura di portare una catena (anche fisicamente) per amore di Gesù; non ha neppure vergogna del Vangelo. L’Apostolo vede illuminata la sua vita e così illumina quella degli altri; ma pure riconosce la luce della fede anche nella vita degli altri. E noi? Siamo capaci, come lui, di riconoscere in noi la luce di Gesù? Siamo in grado di riconoscere la luce di Gesù negli altri?
C’è da dire un’ultima cosa, per concludere questa semplice riflessione: che questa luce del mondo, questo lasciarci illuminare da Gesù ci libera da tutte quelle ristrettezze che ci portano le sole relazioni umane; Gesù nel Vangelo lo esprime chiaramente: “Voi non conoscete né me né il Padre mio; se conosceste me, conoscereste anche il Padre mio“. Cosa significano queste parole del Maestro? Esse significano che non dobbiamo fermarci al “primo livello”, cioè a quello sensibile, a quello che chiameremmo “affinità elettiva” o amicizia; occorre andare oltre o, se preferiamo, più in profondità, proprio come indicato da Gesù stesso quando parla della sua relazione di comunione perfetta con il Padre. Solamente la luce soprannaturale della fede ci permette di perfezionare quel lato umano di noi, delle nostre conoscenze, delle nostre amicizie così da non andare incontro a delusioni cocenti su aspettative, organizzazione, condivisione… perché la vera luce (quella di Gesù e dell’amicizia con Lui e in Lui) porta alla vera comunione anche tra diversi, soprattutto tra diversi.
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