Omelia nella Domenica della Dedicazione del Duomo di Milano (C, 20/10/19)
(Is 60, 11-21; Eb 13, 15-17.20-21; Lc 6, 43-48)
La solennità della dedicazione del Duomo di Milano non è semplice celebrazione di un monumento, seppur di grande valore storico e artistico, ma è segno visibile della comunione ecclesiale e del ponte tra la Chiesa terrestre e la Chiesa celeste.
Questo segno rimanda anzitutto a Dio. Il brano di Isaia ci parla di Gerusalemme, la città della pace e segno premonitore della Gerusalemme celeste (la comunione de santi). Gerusalemme con il suo tempio è definita dal Signore “luogo dove poggio i miei piedi”, è certezza dell’incontro di tutti gli uomini con il vero Dio. E questo vero Dio abita la città che è come sovrano la pace, come governatore la giustizia, come mura difensive la salvezza e nella quale si entra attraverso le porte della gloria di Dio. Non possiamo ignorare questo richiamo ad un Dio che desidera pace, giustizia, salvezza e che lo riconosciamo entrando in relazione con Lui attraverso la celebrazione della sua gloria, della sua manifestazione.
Questo segno rimanda, poi, a tutti noi. Il breve brano della lettera agli Ebrei ci ricorda che Gesù ci rende perfetti un ogni bene per compiere la sua volontà, ciò che a Lui è gradito: non l’uomo e la donna perfetti, ma perfetta ogni opera buona fatta adempiendo la sua volontà che è sempre volontà di bene, che è sempre qualcosa a Lui gradito! Ecco perché nella preghiera di Gesù si dice “sia fatta al tua volontà”: perché essa va ricercata come linea rossa, direzione della nostra vita.
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