Omelia II Domenica di Avvento “I figli del regno” B (rito ambrosiano) 19/11/17

II DOMENICA DI AVVENTO – I figli del Regno

 

LETTURA
Lettura del profeta Isaia 51, 7-12a
Così dice il Signore Dio: / «Ascoltatemi, esperti della giustizia, / popolo che porti nel cuore la mia legge. / Non temete l’insulto degli uomini, / non vi spaventate per i loro scherni; / poiché le tarme li roderanno come una veste / e la tignola li roderà come lana, / ma la mia giustizia durerà per sempre, / la mia salvezza di generazione in generazione. / Svégliati, svégliati, rivèstiti di forza, / o braccio del Signore. / Svégliati come nei giorni antichi, / come tra le generazioni passate. / Non sei tu che hai fatto a pezzi Raab, / che hai trafitto il drago? / Non sei tu che hai prosciugato il mare, / le acque del grande abisso, / e hai fatto delle profondità del mare una strada, / perché vi passassero i redenti? / Ritorneranno i riscattati dal Signore / e verranno in Sion con esultanza; / felicità perenne sarà sul loro capo, / giubilo e felicità li seguiranno, / svaniranno afflizioni e sospiri. / Io, io sono il vostro consolatore».

 

SALMO
Sal 47 (48)

® Il tuo nome, o Dio, si estende ai confini della terra.
Grande è il Signore e degno di ogni lode
nella città del nostro Dio.
La tua santa montagna, altura stupenda,
è la gioia di tutta la terra. ®
Il monte Sion, vera dimora divina,
è la capitale del grande re.
Dio nei suoi palazzi
un baluardo si è dimostrato. ®
Come avevamo udito, così abbiamo visto
nella città del Signore degli eserciti,
nella città del nostro Dio;
Dio l’ha fondata per sempre. ®
O Dio, meditiamo il tuo amore dentro il tuo tempio.
Come il tuo nome, o Dio,
così la tua lode si estende sino all’estremità della terra;
di giustizia è piena la tua destra. ®
Circondate Sion, giratele intorno.
Osservate le sue mura,
passate in rassegna le sue fortezze,
per narrare alla generazione futura:
questo è Dio, il nostro Dio in eterno e per sempre. ®

 

EPISTOLA
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani 15, 15-21
Fratelli, su alcuni punti, vi ho scritto con un po’ di audacia, come per ricordarvi quello che già sapete, a motivo della grazia che mi è stata data da Dio per essere ministro di Cristo Gesù tra le genti, adempiendo il sacro ministero di annunciare il vangelo di Dio perché le genti divengano un’offerta gradita, santificata dallo Spirito Santo.
Questo dunque è il mio vanto in Gesù Cristo nelle cose che riguardano Dio. Non oserei infatti dire nulla se non di quello che Cristo ha operato per mezzo mio per condurre le genti all’obbedienza, con parole e opere, con la potenza di segni e di prodigi, con la forza dello Spirito.
Così da Gerusalemme e in tutte le direzioni fino all’Illiria, ho portato a termine la predicazione del vangelo di Cristo. Ma mi sono fatto un punto di onore di non annunciare il Vangelo dove era già conosciuto il nome di Cristo, per non costruire su un fondamento altrui, ma, come sta scritto: «Coloro ai quali non era stato annunciato, lo vedranno, e coloro che non ne avevano udito parlare, comprenderanno».

 

VANGELO

Lettura del Vangelo secondo Matteo 3, 1-12
In quei giorni venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto della Giudea dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!».
Egli infatti è colui del quale aveva parlato il profeta Isaia quando disse: «Voce di uno che grida nel deserto: / Preparate la via del Signore, / raddrizzate i suoi sentieri!».
E lui, Giovanni, portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico.
Allora Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.
Vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: «Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? Fate dunque un frutto degno della conversione, e non crediate di poter dire dentro di voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Io vi battezzo nell’acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».

 

“Convertitevi perché il regno dei cieli è vicino”: il messaggio di Giovanni è chiaro e diretto, non possiamo ignorarlo. L’ultimo dei profeti ci richiama e ci incoraggia a tornare sui nostri passi perché colui che regna nei cieli è vicino.

Questa venuta di colui che abita i cieli è annunciata fin nella storia antica e tribolata del popolo d’Israele che vive in esilio e disperso, lontano dalla propria patria e colpito dalle prove e dalla mancanza di speranza. Il Signore viene con braccio potente e diventa gioia e consolazione del popolo che vede così che il suo Dio mantiene la promessa, quella di non dimenticarsi del suo popolo, proprio come una sposa non si dimentica della sua sposa, come l’amaro non si dimentica dell’amata. In tutto questo il profeta ci mette in guardia dalla tentazione di lasciarci prendere dallo sconforto di fronte a insulti e scherni degli uomini: a noi è chiesto di essere uomini e donne giusti, capaci di custodire nel cuore gli insegnamenti del Signore e di farli fruttificare.

La testimonianza di Paolo conferma quanto annunciato da Isaia: i ministri del Signore hanno come onore e come onere quello di annunciare con parole ed esempio la potenza e la novità del Vangelo, rispettando quanto hanno fatto coloro che per primi hanno annunciato Gesù con la loro vita. Un vero missionario non è mai primo annunciatore del Vangelo e nemmeno salvatore di nessuno: è semplicemente un servitore della verità e di quel Signore che, per primo, ha salvato lui stesso donandogli la dignità di Figlio e la certezza di un amore e di una fedeltà che non vengono meno.

Giovanni il Precursore, come lo chiamiamo noi nella liturgia ambrosiana, ha questo compito singolare che diventa anche un po’ nostro: quello di preparare la via del Signore, quello di raddrizzare i suoi sentieri. Giovanni è predicatore di altri tempi, tutto teso a far leva sulla provocazione verbale e sul richiamo forte e diretto a un cambiamento di vita che prelude e prepara alla vera conversione, al vero cambiamento: quello che vede protagonista proprio la venuta del Signore, il suo riconoscimento, la sua accoglienza, il suo essere “Dio con noi” e Dio per noi. Ancora una volta dunque siamo chiamati, provocati a prendere sul serio questo appello senza se e e senza ma di Giovanni: non possiamo adagiarci al “già lo so, già sono a posto, non ho bisogno di niente più per dirmi ed essere cristiano,…”. Sono anche parola misteriose e dure quelle del Precursore: cosa è mai questa “ira imminente”? Forse l’ira di Dio? O forse è l’ira del Nemico che è pronto a darci il colpo di grazia, se non ci siamo preparati e non abbiamo raddrizzato i sentieri, preparato la via? Stiamo ben attenti ad essere veri figli del regno, quelli che si riconoscono sempre bisognosi di passare di conversione in conversione per tornare alla verità di noi stessi e alla verità di Dio.

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