Omelia dell’Ultima Domenica dopo l’Epifania “del perdono” A, 26 febbraio 2017 – rito ambrosiano
26.02.2017 – ULTIMA DOMENICA DOPO L’EPIFANIA
detta «del perdono»
Lettura
Lettura del profeta Osea 1, 9a; 2, 7a.b-10. 16-18. 21-22
Il Signore disse a Osea: «La loro madre ha detto: “Seguirò i miei amanti, / che mi danno il mio pane e la mia acqua, / la mia lana, il mio lino, / il mio olio e le mie bevande”. / Perciò ecco, ti chiuderò la strada con spine, / la sbarrerò con barriere / e non ritroverà i suoi sentieri. / Inseguirà i suoi amanti, / ma non li raggiungerà, / li cercherà senza trovarli. / Allora dirà: “Ritornerò al mio marito di prima, / perché stavo meglio di adesso”.
Non capì che io le davo / grano, vino nuovo e olio, / e la coprivo d’argento e d’oro, / che hanno usato per Baal. / Perciò, ecco, io la sedurrò, / la condurrò nel deserto / e parlerò al suo cuore. / Le renderò le sue vigne / e trasformerò la valle di Acor / in porta di speranza. / Là mi risponderà / come nei giorni della sua giovinezza, / come quando uscì dal paese d’Egitto. / E avverrà, in quel giorno / – oracolo del Signore – / mi chiamerai: “Marito mio”, / e non mi chiamerai più: “Baal, mio padrone”. / Ti farò mia sposa per sempre, / ti farò mia sposa / nella giustizia e nel diritto, / nell’amore e nella benevolenza, / ti farò mia sposa nella fedeltà / e tu conoscerai il Signore».
Salmo
Sal 102 (103)
® Il Signore è buono e grande nell’amore.
Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici. ®
Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia. ®
Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Non ci tratta secondo i nostri peccati
e non ci ripaga secondo le nostre colpe. ®
Epistola
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8, 1-4
Fratelli, non c’è nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù. Perché la legge dello Spirito, che dà vita in Cristo Gesù, ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte. Infatti ciò che era impossibile alla Legge, resa impotente a causa della carne, Dio lo ha reso possibile: mandando il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato e a motivo del peccato, egli ha condannato il peccato nella carne, perché la giustizia della Legge fosse compiuta in noi, che camminiamo non secondo la carne ma secondo lo Spirito.
Vangelo
Lettura del Vangelo secondo Luca 15, 11-32
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».
Il brano composito del profeta Osea ci narra una vicenda struggente di amore e infedeltà, di speranza nel ricominciare e nella mancata conoscenza nella verità di chi si ha davanti.
È la storia del popolo di Dio che, fin dall’inizio, è chiamato ad un rapporto sponsale con il suo Dio, quel Dio che come Amante e Amato libera dalla schiavitù, dona il cibo necessario, fa brillare nello sguardo dell’Amata la sua giustizia e la sua fedeltà.
Ma in tutto questo gioca anche il peccato, lo sappiamo bene, ne abbiamo esperienza anche noi: quante volte abbiamo fatto grandi propositi, sinceramente parlando, di voler percorrere solamente la strada della santità e della perseveranza e invece… alla prima occasione siamo caduti e ci siamo abbattuti!
Il Signore, però, come colui che ama nella fedeltà sempre chiama e richiama; ma per sentire nella verità la sua voce occorre tornare alla “giovinezza”, occorre essere “condotti nel deserto” cioè bisogna ridestare il desiderio che ha animato l’entusiasmo degli inizi nel seguire questo Signore che ama e che è forte, bisogna lasciarsi condurre per la via della spogliazione e dell’essenziale per poter, onestamente, riconoscere dove sta il vero amore.
Con parole simili anche Paolo parla di questo cammino dietro alla voce dell’Amore: solamente seguendo la “legge dello Spirito” ogni credente può riconoscere l’opera del Padre nella propria vita che compie ogni volta il prodigio del perdono, del risollevare, del dare una nuova possibilità…
Se per la “legge della carne”, se per la “legge del mondo” quando uno sbaglia è segnato per sempre (pensiamo anche al male fisico che rimane, anche solo come cicatrice, nella e sulla nostra carne), per la legge dello Spirito Dio compie ogni giustizia in noi quando ricorriamo sinceramente e con tutto noi stessi al suo aiuto e al suo sostegno, alla sua giustificazione e non alla giustificazione della legge.
Il Vangelo di oggi, nella parabola del Padre misericordioso, conferma questa vera immagine e vera realtà di Dio che continuamente percorre e ripercorre le strade degli uomini per ridestarli ad una rinascita spirituale e per ridonare loro la dignità di figli prediletti e amati.
Sembra di risentire la “lezione del buon samaritano” in questo padre che, quando da lontano vede tornare questo suo figlio “disgraziato” (cioè senza grazia, senza doni perché li ha persi tutti), “ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò”.
C’è l’espressione di un canto dell’Oratorio su questa parabola che mi colpisce sempre perché, secondo me, esprime bene la diversità di logica tra noi e il Padre: “E ricordo il giorno, l’esatto momento che hai travolto ogni logica sei corso incontro a me”.
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