Omelia della III Domenica dopo l’Epifania B 21/01/2018 (rito ambrosiano)

III DOMENICA DOPO L’EPIFANIA

 

Lettura
Lettura del libro dei Numeri 11, 4-7. 16a. 18-20. 31-32a

In quei giorni. La gente raccogliticcia, in mezzo a loro, fu presa da grande bramosia, e anche gli Israeliti ripresero a piangere e dissero: «Chi ci darà carne da mangiare? Ci ricordiamo dei pesci che mangiavamo in Egitto gratuitamente, dei cetrioli, dei cocomeri, dei porri, delle cipolle e dell’aglio. Ora la nostra gola inaridisce; non c’è più nulla, i nostri occhi non vedono altro che questa manna».
La manna era come il seme di coriandolo e aveva l’aspetto della resina odorosa.
Il Signore disse a Mosè: «Dirai al popolo: “Santificatevi per domani e mangerete carne, perché avete pianto agli orecchi del Signore, dicendo: Chi ci darà da mangiare carne? Stavamo così bene in Egitto! Ebbene, il Signore vi darà carne e voi ne mangerete. Ne mangerete non per un giorno, non per due giorni, non per cinque giorni, non per dieci giorni, non per venti giorni, ma per un mese intero, finché vi esca dalle narici e vi venga a nausea, perché avete respinto il Signore che è in mezzo a voi e avete pianto davanti a lui, dicendo: Perché siamo usciti dall’Egitto?”».
Un vento si alzò per volere del Signore e portò quaglie dal mare e le fece cadere sull’accampamento, per la lunghezza di circa una giornata di cammino da un lato e una giornata di cammino dall’altro, intorno all’accampamento, e a un’altezza di circa due cubiti sulla superficie del suolo. Il popolo si alzò e tutto quel giorno e tutta la notte e tutto il giorno dopo raccolse le quaglie.

 

Salmo
Sal 104 (105)

® Il Signore ricorda sempre la sua parola santa.

È lui il Signore, nostro Dio:
su tutta la terra i suoi giudizi.
Si è sempre ricordato della sua alleanza,
parola data per mille generazioni,
dell’alleanza stabilita con Abramo
e del suo giuramento a Isacco. ®

Fece uscire il suo popolo con argento e oro;
nelle tribù nessuno vacillava.
Quando uscirono, gioì l’Egitto,
che era stato colpito dal loro terrore.
Distese una nube per proteggerli
e un fuoco per illuminarli di notte. ®

Alla loro richiesta fece venire le quaglie
e li saziò con il pane del cielo.
Spaccò una rupe e ne sgorgarono acque:
scorrevano come fiumi nel deserto.
Così si è ricordato della sua parola santa,
data ad Abramo suo servo. ®

 

Epistola
Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 10, 1-11b

Non voglio che ignoriate, fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nube e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo. Ma la maggior parte di loro non fu gradita a Dio e perciò furono sterminati nel deserto.
Ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono. Non diventate idolatri come alcuni di loro, secondo quanto sta scritto: Il popolo sedette a mangiare e a bere e poi si alzò per divertirsi. Non abbandoniamoci all’impurità, come si abbandonarono alcuni di loro e in un solo giorno ne caddero ventitremila. Non mettiamo alla prova il Signore, come lo misero alla prova alcuni di loro, e caddero vittime dei serpenti. Non mormorate, come mormorarono alcuni di loro, e caddero vittime dello sterminatore. Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per nostro ammonimento.

 

Vangelo
Lettura del Vangelo secondo Matteo 14, 13b-21

In quel tempo. Il Signore Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati.
Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui». E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.

 

“La gente raccogliticcia, in mezzo a loro, fu presa da grande bramosia, e anche gli Israeliti ripresero a piangere”: questa frase esprime un giudizio realistico e tagliente verso il popolo che non dimostra riconoscenza al Dio liberatore e Signore. Altre parole piuttosto pesanti sono riferite per bocca di Mosè e dimostrano come, nonostante la costante presenza dell’Altissimo al fianco del popolo, nonostante le prove superate e la potenza dimostrata dal Signore, nonostante rivelazioni e parole siano state pronunciate per guidare e formare un popolo ben disposto, nonostante il costante prendersi cura quotidiano del Creatore… Le creature dilette non si sono accontentate e hanno preso a strada dell’insoddisfazione, della lamentela, dimentichi del dono della libertà concessa dallo stesso Signore.

“Ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono”. Nella prima lettera di Paolo ai Corinzi l’Apostolo riprende proprio questo episodio raccontato dal libro dei Numeri per farne un ammonimento alla comunità: occorre essere vigilanti sul proprio cuore perché, nonostante le numerose grazie che il Signore attraverso lo Spirito dona, esso è capace purtroppo di deviare verso l’insoddisfazione e la tentazione. Alcune di queste tentazioni sono elencate proprio da Paolo: l’idolatria (sostituire qualcuno o qualcosa all’adorazione del solo Signore), l’impurità (macchiare il proprio cuore, corpo e coscienza di peccato utilizzandoli in maniera scorretta), mettere alla prova il Signore (con lamentele, preghiere inutili, desideri non secondo la sua volontà), la mormorazione (su questo argomento si potrebbero scrivere fiumi di parole…). Ecco, tutte queste conducono inesorabilmente alla morte, non solo fisica ma anche spirituale e morale.

“Prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla”. Non c’è magia in questo segno, niente di misterioso e di occulto: tutto parte dalla compassione che Gesù prova di fronte alla folla che lo cerca per una parola, per una guarigione, che lo cerca perché ha fame, una fame in tutti i sensi. L’Evangelista ha già in mente l’Ultima Cena, segno supremo di condivisione, salvezza, dono e amore: così i gesti descritti che compie Gesù sono quelli del convocare, prendere, benedire, spezzare e consegnare. Questi gesti segnano una rottura tra la lamentela e l’insoddisfazione e la condivisione. 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.