Omelia della II Domenica dopo Pasqua (rito ambrosiano) 19/4/2020

Omelia della II Domenica dopo Pasqua (rito ambrosiano) 19/4/2020

Ospitaletto di Cormano (ai tempi del Covid-19)

(At 4, 8-24a; Col 2, 8-15; Gv 20, 19-31)

                È questa la domenica dedicata a ciascuno di noi, la domenica nella quale lo stesso Gesù ci proclama beati perché, pur non avendo visto, abbiamo creduto. Ma di quale beatitudine Gesù parla? Non certo quella che è del mondo e nel mondo: è troppo effimera, scappa via facilmente, si lascia rubare, sfigurare e turbare da qualsiasi vento contrario, da una parola, un sentimento… questa beatitudine è una beatitudine che tocca più in profondità la nostra esistenza, potremmo dire proprio che è un dono “soprannaturale”, proprio come il dono della fede, del credere a Gesù, del credere in Gesù, del fidarsi di Lui, dell’affidarsi a Lui.

                È questa la domenica della divina misericordia, quella stessa divina misericordia che ha permesso a Gesù Cristo il Nazareno di morire crocifisso e risorgere; quella stessa divina misericordia che porta alla guarigione, alla salvezza proprio come raccontato dal brano degli Atti degli Apostoli. “Gesù, confido in te!” si recita, si proclama in questa devozione alla divina misericordia: quanto abbiamo bisogno di confidare davvero, con tutto noi stessi in te, Signore Gesù! Quanto vorremmo avere in noi un poco della fede e del coraggio apostolico di Pietro e Giovanni che affermano: «Se sia giusto dinanzi a Dio obbedire a voi invece che a Dio, giudicatelo voi. Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato». Che cosa, dunque, noi non possiamo tacere? Dove, Signore, nella nostra vita e nella nostra esperienza di fede in questo tempo così particolare io, tu, noi possiamo dire che Ti abbiamo visto e ascoltato e, per questo, testimoniamo con franchezza la Tua Presenza in noi, con noi?

                È questa la domenica nella quale risuonano forti e solenni le parole dell’Apostolo che ci introducono nel mistero, antico e sempre nuovo, della realtà viva della nostra fede: “con lui sepolti nel battesimo, con lui siete anche risorti mediante la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti”. Non è poca cosa questa parola, non è poca cosa questa realtà: una realtà spirituale, profondamente inscritta nella nostra vita, che la vita dei santi, amici di Dio, ci mostrano nella loro stessa esistenza riconciliata con se stessi e consegnata definitivamente al mistero di Gesù, crocifisso e risorto.

                È questa, dunque, la domenica che chiude l’unico giorno della Pasqua della risurrezione di Gesù. Tutta la settimana i vangeli non hanno fatto altro che farci rivivere e immergerci di nuovo nel vero primo giorno dopo il sabato, quel giorno che è vero prototipo del giorno nuovo: i racconti della risurrezione ci consegnano stupore, incredulità, dubbio, paura… ma anche gioia, ascolto, accoglienza, pace, forza, perdono. Questa Pasqua “strana”, vissuta ai tempi del Covid-19, ci riconsegna quella Parola cerca di Gesù risorto che non viene mai meno: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». È una Parola che impegna il Risorto a donarci la sua pace, è una parola che impegna noi stessi ad essere mandati a testimoniare la forza di questa beatitudine.

                Con Tommaso, allora, diciamo: “Mio Signore e mio Dio!”. Con la Chiesa, allora, diciamo: “Gesù, confido in te!”.

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