Natale del Signore: la luce nelle tenebre

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NATALE DEL SIGNORE

OMELIA DELLA LITURGIA DEL GIORNO

Mercoledì 25 dicembre 2013

(Is 8, 23b-9, 6a; Eb 1, 1-8a; Lc 2, 1-14)

 

         Mi ha sempre affascinato, fin da quando ero adolescente, questa profezia che riceve il profeta Isaia e che ci viene consegnata oggi: “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse”.

         Parole solenni, che annunciano un grande avvenimento: la luce grande, la vita che nasce, venire alla luce, essere illuminati, la luce che genera la vita, la luce che dona speranza, la luce che fa vedere…

         Penso a noi, contemporanei, che viviamo, ci dicono gli esperti di questo mondo, tempi difficili e duri, tempi travagliati e senza grandi ideali, senza grandi progetti sul futuro: come sento vera e applicata al mondo di oggi “su coloro che abitavano in terra tenebrosa”.

Per fortuna che la frase non finisce lì: “una luce rifulse”. Quale luce possiamo scorgere oggi che abbiamo avanzato più di un decennio nel nuovo millennio? Quale speranza riaccende questa profezia antica? Può dire ancora qualcosa a noi?

Credo che Isaia abbia colto nel segno riferendo le parole successive: “Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva”. Il messaggio che ci raggiunge è quello rivoluzionario, da sempre: un “TU”, un Altro da noi viene per donare ciò che abbiamo perduto, uno che moltiplica i motivi della festa, uno che aumenta la vera contentezza, uno che toglie il peso insopportabile (e ciascuno ha il suo) dalle nostre spalle.

Ci saremmo aspettati un liberatore trionfante e gagliardo, coraggioso e giovane: “Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio”. Invece, ci viene incontro il miracolo di una vita nuova, così potente e fragile nello stesso momento.

E questo “Consigliere mirabile”, questo “Principe della pace” ha un grande potere: quello di essere Parola del Dio vivente, quella Parola che compie quello che dice, mantiene ciò che promette, perdona e da’ nuova vita.

Ci siamo “abituati” in questo tempo pre natalizio a una presenza importante di Dio attraverso i suoi Angeli: quante visite agli uomini e alle donne (Abramo, Zaccaria, Maria, Giuseppe, i Magi, i Pastori…) che hanno reso luminosa la storia dell’uomo accogliendo quelle parole divine portate dal messaggero di lieti annunzi! Eppure qui, ci dice la lettera agli Ebrei, c’è qualcosa “tanto superiore agli angeli”: qui c’è Colui che sentirà quella benedizione così alta e solenne nel giorno della sua rivelazione: “Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato”.

Dicevamo che ci viene presentato un segno potente e fragile allo stesso tempo: lo stesso segno che l’Angelo dice di cercare ai Pastori che, storditi da così tanta luce e da questo messaggio atteso fino all’ultimo (il Salvatore!), si metteranno subito in viaggio per cercarlo, trovarlo ed essere i primi testimoni  del miracolo.

Forse che ci siamo “abituati” al segno del Natale, quasi come se fosse una bella storia, poetica, fatta per risvegliare in noi l’animo bambino e niente più: invece l’accuratezza di Luca ci dice come questo segno (“Troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”) è dentro una vera storia, una storia concreta fatta di personaggi importanti e illustri (imperatori, governatori, re…), insieme a quelli più umili (Giuseppe, Maria, i Pastori…), vicini a noi, personaggi della porta accanto che si sono messi dentro un cammino di fiducia, aperti a quella profezia di speranza che ha permesso alla vera luce di venire nel mondo.

Anche noi possiamo essere “contagiati” da questa piccola e potente luce: lasciamo che si accenda in noi!

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