La Parola della Croce: Venerdì della 3° settimana di Quaresima (16 marzo)
Fino a che punto giungerà la decisione di Dio di condividere la nostra condizione umana, decisione che si manifesta nell’Incarnazione del Verbo? la Croce risponde: fino al limite estremo, fino a condividere la nostra sofferenza e la nostra morte.
Il Verbo si è fatto uomo per soffrire la sofferenza dell’uomo e morire della morte dell’uomo (cfr. Eb 10,5-10); ha assunto interamente la nostra stessa natura e condizione umana turbata dal peccato, senza avere lui stesso la minima parte nel peccato. Il Verbo di Dio ha veramente sofferto ed è morto sulla Croce: è questa la più sconvolgente certezza della fede cristiana. Quando un uomo, uno di noi, soffre – fisicamente, moralmente o spiritualmente – o muore, è la persona che soffre, qualunque sia la parte del corpo o la facoltà dell’anima presa dalla sofferenza, ed è la persona che muore. Nello stesso modo è il Verbo che soffre tutto quello che Gesù Cristo soffre sulla Croce, poiché Gesù Cristo non è altri che il Verbo.
La Croce quindi è la massima rivelazione della potenza di Dio. La potenza di Dio è infatti la potenza del suo Amore. Ora la potenza dello amore non consiste nel dimostrare una tale forza da costringere il cuore dell’amato a corrispondere, togliendogli ogni libertà. La forza dell’amore consiste semplicemente nel dimostrarsi: nulla è più forte dell’amore nella sua debolezza, nulla è più debole nella sua forza. “se temete ciò che è di Dio, perché non amate almeno ciò che è vostro?” (S. Pietro Crisologo, cit.).
Ma la conpassione – condivisione del Verbo incarnato, spinta fino alla morte, non è stata impotente. Se Dio stesso non potesse fare nulla contro la nostra morte e sofferenza; se Egli stesso non potesse far altro che condividerle con noi, all’uomo sarebbe tolto ogni diritto di sperare. Venire a soffrire on un disgraziato non ha senso se non per farlo uscire dalla sua condizione, insopportabile se fosse senza via di uscita. L’Amore che ha scelto la via della debolezza compassionevole, è lo stesso Amore che ha creato l’uomo non per la morte ma per la beatitudine eterna: le decisioni divine sono irreformabili. Se condivide con me la morte, non è per rimanervi imprigionato dentro con me: “poiché dunque i figli hanno in comune il sangue e la carne, anch’egli ne è divenuto partecipe, per ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che per timore della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita” (Eb 2,14-15).
(Carlo Caffarra – Arcivescovo di Bologna)
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