La Parola che conta: Venerdì della VI settimana di Pasqua (rito ambrosiano) 22/5/2020
LETTURA Ct 2, 17 – 3, 1b. 2
Lettura del Cantico dei Cantici
Prima che spiri la brezza del giorno e si allunghino le ombre, ritorna, amato mio, simile a gazzella o a cerbiatto, sopra i monti degli aromi. Lungo la notte, ho cercato l’amore dell’anima mia; l’ho cercato, ma non l’ho trovato. Mi alzerò e farò il giro della città per le strade e per le piazze; voglio cercare l’amore dell’anima mia. L’ho cercato, ma non l’ho trovato.
SALMO Sal 12 (13)
Gioisca il mio cuore,
Signore, per la tua presenza.
Fino a
quando, Signore, continuerai a dimenticarmi?
Fino a quando mi nasconderai il tuo volto?
Fino a quando nell’anima mia addenserò pensieri,
tristezza nel mio cuore tutto il giorno?
Gioisca il mio cuore, Signore, per la tua presenza. R
Guarda, rispondimi, Signore, mio Dio,
conserva la luce ai miei occhi,
perché non mi sorprenda il sonno della morte,
e non esultino i miei avversari se io vacillo. R
Ma io nella tua fedeltà ho confidato;
esulterà il mio cuore nella tua salvezza,
canterò al Signore, che mi ha beneficato. R
EPISTOLA 2Cor 4, 18 – 5, 9
Seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
Fratelli, noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili, perché le cose visibili sono di un momento, quelle invisibili invece sono eterne. Sappiamo infatti che, quando sarà distrutta la nostra dimora terrena, che è come una tenda, riceveremo da Dio un’abitazione, una dimora non costruita da mani d’uomo, eterna, nei cieli. Perciò, in questa condizione, noi gemiamo e desideriamo rivestirci della nostra abitazione celeste purché siamo trovati vestiti, non nudi. In realtà quanti siamo in questa tenda sospiriamo come sotto un peso, perché non vogliamo essere spogliati ma rivestiti, affinché ciò che è mortale venga assorbito dalla vita. E chi ci ha fatti proprio per questo è Dio, che ci ha dato la caparra dello Spirito. Dunque, sempre pieni di fiducia e sapendo che siamo in esilio lontano dal Signore finché abitiamo nel corpo – camminiamo infatti nella fede e non nella visione –, siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore. Perciò, sia abitando nel corpo sia andando in esilio, ci sforziamo di essere a lui graditi.
VANGELO Gv 14, 27-31a
✠
Lettura del Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate. Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il principe del mondo; contro di me non può nulla, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco».
Dopo l’Ascensione il Cantico dei Cantici accompagna, nella prima lettura, la ricerca dell’Amato da parte dei discepoli: essi vivono una sorta di vuoto con il fatto che Gesù risorto non è più fisicamente con loro.
Nel brano della seconda lettera ai Corinzi Paolo ci ricorda che ciò che non vediamo con gli occhi è ancora più stabile di ciò che vediamo: la nostra vita si misura con l’eternità. Anche il nostro corpo, la nostra esistenza terrena è solamente una tappa, pur significativa, della nostra esistenza terrena. Solamente il desiderio di abitare presso il Signore riempie di fiducia il nostro pellegrinaggio terreno.
Gesù dona la sua pace come “caparra” del dono dello Spirito santo: questa pace è un dono interiore che sostiene ogni fatica, turbamento e timore. Una fede così purificata è pronta ad assecondare lo Spirito santo e a lasciarsi condurre con fiducia piena, proprio come Gesù e il Padre hanno fatto.
Lascia un commento