La Parola che conta: Mercoledì 28 dicembre 2022 (rito ambrosiano)
Festa dei santi Innocenti Martiri
IV giorno dell’Ottava di Natale
LETTURA Ger 31, 15-18. 20
Lettura del profeta Geremia
Così dice il Signore: «Una voce si ode a Rama, un lamento e un pianto amaro: Rachele piange i suoi figli, e non vuole essere consolata per i suoi figli, perché non sono più». Dice il Signore: «Trattieni il tuo pianto, i tuoi occhi dalle lacrime, perché c’è un compenso alle tue fatiche – oracolo del Signore –: essi torneranno dal paese nemico. C’è una speranza per la tua discendenza – oracolo del Signore –: i tuoi figli ritorneranno nella loro terra. Ho udito Èfraim che si lamentava: “Mi hai castigato e io ho subito il castigo come un torello non domato. Fammi ritornare e io ritornerò, perché tu sei il Signore, mio Dio”. Non è un figlio carissimo per me Èfraim, il mio bambino prediletto? Ogni volta che lo minaccio, me ne ricordo sempre con affetto. Per questo il mio cuore si commuove per lui e sento per lui profonda tenerezza». Oracolo del Signore.
SALMO Sal 123 (124)
A te grida, Signore, il dolore innocente.
Se il Signore non fosse stato per noi,
quando eravamo assaliti,
allora ci avrebbero inghiottiti vivi,
quando divampò contro di noi la loro collera. R
Allora le acque ci avrebbero travolti,
un torrente ci avrebbe sommersi;
allora ci avrebbero sommersi
acque impetuose. R
Siamo stati liberati come un passero
dal laccio dei cacciatori:
il laccio si è spezzato e noi siamo scampati.
Il nostro aiuto è nel nome del Signore:
egli ha fatto cielo e terra. R
EPISTOLA Rm 8, 14-21
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Fratelli, tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!». Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria. Ritengo infatti che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi. L’ardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio. La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità – non per sua volontà, ma per volontà di colui che l’ha sottoposta – nella speranza che anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio.
VANGELO Mt 2, 13b-18
✠ Lettura del Vangelo secondo MatteoIn quel tempo. Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo». Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Dall’Egitto ho chiamato mio figlio». Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi. Allora si compì ciò che era stato detto per mezzo del profeta Geremia: «Un grido è stato udito in Rama, un pianto e un lamento grande: Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più».
Il testo di Geremia è ripreso dall’evangelista Matteo a suffragio di quando storicamente è accaduto dopo la nascita di Gesù: Erode non rivede più i Magi e, preso dalla paura, compie quella che noi conosciamo come “strage degli innocenti”. Giustamente il testo profetico dice che la madre è inconsolabile di fronte a tale tragedia; eppure la voce divina si leva forte e chiara: “Trattieni il tuo pianto, i tuoi occhi dalle lacrime, perché c’è un compenso alle tue fatiche – oracolo del Signore –: essi torneranno dal paese nemico. C’è una speranza per la tua discendenza – oracolo del Signore –: i tuoi figli ritorneranno nella loro terra”. Ritorno alla loro terra come ricompensa delle fatiche, come testimonianza inconsapevole di una fede ancora piccola.
Il dolore innocente è nel testo della lettera ai Romani di Paolo descritto come caducità della condizione umana corrotta dalla mancanza dello Spirito divino e del grido che incessante deve risuonare dal cuore riconoscendo la maternità divina di Dio: c’è speranza anche per chi non ha conosciuto nella fede e nell’annuncio questa certezza d’amore.
La furia dell’uomo non risparmia gli innocenti: quanto male può fare la paura di perdere un potere transitorio? Dentro questo mistero di iniquità nasce la testimonianza di fede di Giuseppe e di Maria che prendono il bambino e lo proteggono, prendendosene cura. E le madri e i padri degli innocenti uccisi? L’evangelista, come detto sopra, riprende le parole del profeta Geremia e le applica per leggere tali avvenimenti alla luce della fede e della rivelazione: c’è speranza, non in questa vita ma in quella futura ed eterna, anche per questi piccoli.
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