La Parola che conta: Giovedì della penultima settimana dopo l’Epifania (16 febbraio)

Lettura del Vangelo secondo Marco 11, 15-19
In quel tempo. Il Signore Gesù e i suoi discepoli giunsero a Gerusalemme. Entrato nel tempio, Gesù si mise a scacciare quelli che vendevano e quelli che compravano nel tempio; rovesciò i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe e non permetteva che si trasportassero cose attraverso il tempio. E insegnava loro dicendo: «Non sta forse scritto: / “La mia casa sarà chiamata / casa di preghiera per tutte le nazioni”? / Voi invece ne avete fatto un covo di ladri».
Lo udirono i capi dei sacerdoti e gli scribi e cercavano il modo di farlo morire. Avevano infatti paura di lui, perché tutta la folla era stupita del suo insegnamento. Quando venne la sera, uscirono fuori dalla città.

 

La folla si dimostra più disponibile e attenta alle azioni e al loro significato che non i capi dei sacerdoti e gli sribi, più impegnati a presidiare i confini del loro potere che non essere aperti alla Verità e alla novità portata dal Figlio di Dio.

Gesù si scaglia contro un utilizzo strumentale del tempio, non più casa di preghiera per tutti: è questa la funzione di un luogo sacro, consacrato appunto al rapporto tra l’uomo e Dio.

Cosa cerchiamo noi dal tempio e nel tempio? Siamo con Gesù nello smascherare ciò che non è vero credere soprattutto dentro di noi?

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