Il Vangelo della Domenica con Albino Luciani: 10 aprile 2022, delle Palme C (rito romano)
“Il Vangelo della domenica con Albino Luciani”
Domenica 10 aprile 2022: delle Palme, messa del giorno (C)
(Isaia 50, 4-7; Salmo 21(22); Filippesi 2, 6-11; Luca 22, 14-23, 56)
Entriamo nella settimana Santa con la celebrazione della Domenica della “delle Palme” che apre il mistero celebrato nei giorni più importanti dell’anno liturgico. Ci soffermiamo solamente sul lezionario della messa del giorno, tralasciando invece quella della commemorazione dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme.
La prima lettura ci presenza il terzo cantico del servo in cui sofferenza e fiducia si intrecciano. Il servo fedele riconosce che il Signore Dio gli dona ogni mattina una lingua da iniziato per indirizzare lo sfiduciato, così come ogni mattina rende attento l’ascolto del suo servo perche sia sorretto nella sia testimonianza. I versetti seguenti sono invece drammaticamente realisti: il dorso, le guance e la faccia sono offerte alla violenza e all’insulto senza tirarsi indietro: perché? Perché il servo fedele di Dio sa che il Signore Dio esiste e non lo confonde e rende il suo volto duro senza che sia deluso dalle circostanze drammatiche che vive. Siamo di fronte al linguaggio del discepolo: egli è fedele alla tradizione, vive nella costanza e nell’apertura all’ispirazione divina nonostante le circostanze storiche dicano il contrario.
Il salmo 21(22) riprende con versetti diversi le parole di Gesù sulla croce e sono la risposta orante al canto ascoltato nella prima lettura. È la preghiera dell’uomo fedele perseguitato in circostanze drammatiche: il grido di aiuto si eleva forte: “non stare lontano, mia forza, vieni in mio aiuto”. Le parole conclusive esprimono ancora di più la fede con l’annuncio di lode in mezzo all’assemblea e ai fratelli per la costante presenza del Signore.
Il testo di Filippesi 2 è un vero e proprio inno cristologico. Cristo è Signore, modello di ogni “signoria”: ogni discepolo che assume la responsabilità della testimonianza nella Chiesa e nel mondo deve seguirne la strada. Primo: Gesù giunge da una innegabile condizione divina. Secondo: l’incarnazione di Gesù nel mondo è nella forma del servo obbediente (vedi la prima lettura) e assume una forma ignominiosa (Gesù assume il peccato dell’uomo, il peccato del mondo e muore sulla croce). Terzo: la redenzione vissuta e operata da Gesù si realizza dopo la sua totale immersione nell’umano, peccato e morte compresi.
Come da tradizione del rito romano il Vangelo propone la lettura dell’intera Passione secondo Luca. Abbiamo ascoltato la proclamazione della celebrazione pasquale alla professione di fede del centurione che esclama: “Davvero quest’uomo era giusto”. Nel Vangelo della misericordia Gesù in croce invoca due volte il Padre e assolve il primo peccatore: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”; “In verità io ti dico: oggi con ne sarai nel paradiso”; “Padre, nelle tua mani consegno il mio spirito”. Il frutto maturo della redenzione e della salvezza è offerto veramente a tutti: egli si manifesta secondo specie contraria del mondo, la sconfitta in realtà è la vittoria!
Ritroviamo gli stessi temi delle letture della Domenica delle Palme anche nell’omelia che il Patriarca Albino Luciani pronunciò nel 1975:
Gesù patisce e muore per noi. Desidero solo far notare che il tema – nella missione di Gesù – è centralissimo. Egli si è fatto uomo come noi per salvarci. A questo mondo egli fece questo soltanto: salvare. Visse povero, lavorò trent’anni nel nascondimento per salvare. I suoi discorsi, i suoi miracoli, le sue preghiere, i suoi perdoni erano salvezza, sempre e solo salvezza. Salvezza per eccellenza, però; e punto cui tutti gli altri mezzi di salvezza furono ordinati, incanalati sono stati la sua passione e morte, che non vanno disgiunte dalla risurrezione. Cristo – scrive san Paolo – «è stato messo a morte per i nostri peccati ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione» (Rm 4,25). Qualcuno oggi sminuisce l’importanza della passione. Küng ha l’aria di pensare che la tragedia finale sia capitata addosso a Cristo inaspettatamente: egli l’avrebbe solo sospettata o prevista negli ultimi tempi. Il Catechismo olandese presenta il sangue di Gesù non come dono offerto da Gesù a Dio, ma come dono offerto da Dio a noi. Invece che a queste fonti, è meglio che noi guardiamo alla Bibbia, qual da duemila anni è stata letta e interpretata dalla chiesa. E cioè: Gesù offre al Padre il proprio sangue non perché il Padre abbia bisogno di sfogare su di lui il proprio desiderio di castigo o di vendetta, ma perché, abbandonata la giusta volontà di punire, il Padre si mostri verso di noi propizio, clemente, rappacificato. Ecco la Bibbia. L’autore della lettera agli Ebrei afferma che Cristo ha avuto la volontà di offrirsi in sacrificio fin dal suo primo ingresso nel mondo: «…entrando nel mondo, Cristo dice… Ecco, io vengo… per fare, o Dio, la tua volontà» (Eb 10,9). Cristo in realtà ha affermato – con termini efficacissimi – di voler offrire «la propria vita per le pecore» (Gv 10,11,15). Questo concetto è sulle sue labbra e nei suoi propositi continuamente. Un giorno i discepoli del Battista e i farisei gli chiedono: «Perché i tuoi discepoli non digiunano?». E lui: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro?… Verranno i giorni, in cui sarà loro tolto lo sposo e allora digiuneranno» (cf. Mc 2,20). Un altro giorno, pensando al battesimo del fuoco pentecostale e al sangue della propria passione, sentiamo Gesù che dice: «Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! C’è un battesimo, che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto» (Lc 12,49). Si trattava di un battesimo nel sangue. Ben sei volte nel Vangelo Gesù ai discepoli, che sognano prestigio sociale e gloria politica e che non vogliono comprendere la croce, annuncia in termini chiari che egli presto dovrà morire. Scrive per esempio Marco: «Cominciò a spiegar loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai grandi sacerdoti, dagli scribi, essere messo a morte e risuscitare dopo tre giorni. E diceva questo apertamente. Allora Pietro, presolo in disparte, si mise a fargli delle rimostranze, ma egli, voltatosi e vedendo i suoi discepoli, rimproverò Pietro e gli disse: «Allontanati da me, satana! Perché tu non ragioni secondo Dio, ma secondo gli uomini» (Mc 8,31-33). (Omelia alla Domenica delle Palme, 23 marzo 1975, O.O. vol. 7 pagg. 30-31).
Immergiamoci in questa grande verità: l’opera della salvezza compiuta da Cristo è presente in mezzo a noi ed è alla nostra portata. Sta a noi accoglierla senza troppi scandali, senza ritrosie e con la generosità di cuori pronti e attenti ad afferrare la sua mano forte e potente.
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