Divina Maternità di Maria – Domenica 21 dicembre 2014 (Omelia, rito ambrosiano)
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Divina Maternità di Maria (Omelia, rito ambrosiano)
Il clima vittorioso della prima lettura fa sorgere una speranza e, insieme, un “sospetto”.
Una speranza: ma allora, davvero viene il Salvatore! Viene e porta con sé il premio e la ricompensa per tanto tempo di attesa!
Un sospetto: viene “con le vesti tinte di rosso”, cioè macchiate di sangue; certamente sangue dei nemici, ma pur sempre segno di una vita che non c’è più, di un’esistenza spezzata con la violenza.
Cosa pensare, allora? Cosa sperare?
Lasciamo il sospetto e rianimiamo la speranza: “Nel tino ho pigiato da solo e del mio popolo nessuno era con me”. Si parla di pigiatura e di solitudine: vino e sacrificio solitario. Forse la strada si apre al destino del Messia che viene a “sbaragliare i nemici” non usando loro violenza, ma soffrendone e sacrificandosi di persona diventando “sangue di salvezza”.
Fa un po’ specie, poi, pensare che le parole di Paolo ai Filippesi le ha scritte nella ristrettezza del carcere in attesa della pena di morte: parole come essere lieti, pace, verità, nobiltà, giustizia, purezza, amabilità, onorabilità, virtù… risuonano nella vita e nel cuore dell’Apostolo che sente essere vicino all’incontro con il Signore conosciuto, amato e atteso.
Cosa ci suggerisce, allora, di vivere in questo nostro tempo, non meno tribolato che il suo? Ci suggerisce di fare presenti a Dio le nostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti: un’esistenza, dunque, il dialogo con l’Altissimo non risparmiando né richieste e nemmeno ringraziamenti (perché, ricordiamolo, la fede nel Dio vero, quello rivelato da Gesù, è un dono!). Lui, il Signore, farà il resto, quello che manca; anzi farà ancora di più perché ci farà pensare (intelligenza) e sentire (custodia del cuore) come Lui stesso pensa e sente.
Infine, il Vangelo è veramente “spettacolare”! Dovremmo stupirci e commuoverci ogni volta che lo ascoltiamo (che è ben diverso dal sentirlo semplicemente!).
Dio si china sul mondo e manda il sul lieto annuncio ad una Vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide: il Padre è pronto a “mettere in pratica” il suo desiderio di sempre, sposare l’umanità.
Ma quali caratteristiche ha questa “festa di nozze”, questo “annuncio di nozze”? Siamo abituati ad annunci e originali e a feste sontuosissime. Il Padre, che sta nell’alto dei cieli, sceglie un’altra strada, un altro stile: entra nella semplice casa di Maria, a Nazaret; dialoga con lei; risponde alla sua perplessità; dà un segno (Elisabetta che aspetta Giovanni); aspetta la risposta della donna; compie il “miracolo” (Incarnazione per opera dello Spirito santo); torna in cielo “felice come una Pasqua”.
Prendo a prestito le parole di don Tonino Bello, per concludere:
“L’obbedienza, insomma, non è inghiottire un sopruso, ma è fare un’esperienza di libertà. Non è silenzio di fronte alle vessazioni, ma è accoglimento gaudioso di un piano superiore. Non è il gesto dimissionario di chi rimane solo con i suoi rimpianti, ma una risposta d’amore che richiede per altro, in chi fa la domanda, signorilità più che signoria.
Chi obbedisce non smette di volere, ma si identifica a tal punto con la persona a cui vuol bene, che fa combaciare, con la sua, la propria volontà. Ecco l’analisi logica e grammaticale dell’obbedienza di Maria.
Questa splendida creatura non si è lasciata espropriare della sua libertà neppure dal Creatore. Ma dicendo “Sì”, si è abbandonata a lui liberamente ed è entrata nell’orbita della storia della salvezza con tale coscienza responsabile che l’angelo Gabriele ha fatto ritorno in cielo, recando al Signore un annuncio non meno gioioso di quello che aveva portato sulla terra nel viaggio di andata.
Forse non sarebbe sbagliato intitolare il primo capitolo di Luca come l’annuncio dell’angelo al Signore, più che l’annuncio dell’angelo a Maria.”
Può essere così anche per noi, quando lasciamo spazio alla Buona Notizia che ci parla e trova posto in noi, in mezzo alle nostre perplessità e incertezze. Se diciamo “Sì”, come Maria, al messaggio di Dio, ogni volta si rallegra il cielo per la nostra disponibilità al progetto gioioso di un Dio che vive tra noi.
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