Diario di un prete di città: accompagnare e… lasciare andare
Caro Diario,
hai visto? Ho cambiato il titolo, segno del tempo che passa e (speriamo) della maturità che avanza.
Questi giorni, queste settimane sono abbastanza “convulse”: consegne da fare e cammini nuovi da affrontare, lo studio che reclama il suo tempo, Lui che non abbandona… c’è quasi una specie di “frenesia”.
La morte quasi improvvisa di una persona cara, invece, mi ricorda a come tutto sia abbastanza “relativo”: relative le cose da sbrigare (pur importanti), relative le mille preoccupazioni perché tutto sia fatto per il meglio, relative le ultime incombenze da una parte e le prima da un’altra…
Quello che non è relativo, invece, è il tempo, soprattutto quello dedicato a coltivare le relazioni e i rapporti, a partire da quello con Lui che definisco il “Signore della mia vita”. La morte arriva, a volte improvvisa, come un taglio e una cesura, quasi come una pagina strappata sul libro della vita che trovi così, improvvisamente.
Una mia carissima amica un giorno, tanti anni fa, mi ha detto: “Ale, io credo che ciascuno di noi ha le sue pagine bianche da scrivere, quelle della sua vita: non ne conosciamo la quantità, però sono in qualche maniera stabilite. Arrivati all’ultima pagina, il libro si chiude”.
Caro diario, sento il mio cuore un po’ diviso tra fede e tristezza: non sono due cose conciliabili, certo, perché si muovono su due piani diversi. Ti affido questa confidenza, sicuro che arriva il momento della consolazione e della certezza che nulla e nessuno vada perduto.
tuo, affezionatissimo
donale
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