Diario di un “pretino” di città: Una storia più grande di noi

visitaHo finito la visita alle famiglie della mia parrocchia lunedì sera, in compagnia di suor Geraldine (per gli amici suor Maria Claretta) e il mio mitico tuttofare Francesco: non ringrazierò mai il cielo di avremi messo a fianco persone speciali ed estremamente diverse da me per cogliere la loro ricchezza e, un pochino, anche la mia nella differenza. Anche questo è, forse, cattolicità (cioè universale).

Abbiamo incontrato tantissimi volti, incrociato tantissime storie, pregato tantissimi “Padre nostro”, lasciato una parola di conforto e di speranza in ogni casa che, con semplicità e cordialità, ci ha accolto (per la verità abbiamo detto una preghiera e dato una benedizione anche a tutti quelli che non c’erano, persino a chi non ci ha aperto e non ci ha voluto… ma va bene così, anche questa direbbe frate Francesco è “perfetta letizia”).

Essere attesi è una bella sperienza: vuol dire che c’è comunione, desiderio di scambio e conoscenza reciproca, condivisione. Devo dire che anche l’esperienza contraria, quella dell’essere rifiutati (ad onor del vero poche sono state le case che non ci hanno ospitato), non ha portato in me sentimenti di risentimento o di “rabbia”, ha relativizzato la mia missione ed ha posto l’accento sulla libertà dell’incontro e della proposta cristiana. Diverso è stato per suor Geraldine: in Africa, dice, anche chi non crede o non è “cattolico” desidera una benedizione.

In questi giorni, invece, c’è la Novena: quanti bambini e ragazzi e quanti adulti in Chiesa per prepararsi al Natale! Davvero una bella tradizione che si trasforma in occasione di annuncio della Buona Notizia che è Gesù!

Come poi dimenticare gli ammalati da andare a visitare per la confessione e la comunione (loro sì che aspettano con trepidazione!) e le tante persone che chiedono la grazia della misericordia di Dio nella confessione! O, Signore, quante energie se ne vanno per tutto questo: ma quanto è bello poterti servire, anche se a volte sembro proprio come te, un “pane spezzato” in tanti piccoli pezzettini.

Non vedo l’ora dei prossimi giorni per stare un po’ con i miei genitori e familiari: godere del loro affetto e della calma per poter gioire del Dono della Vita che rinasce in noi, intorno a noi.

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