Diario di un pretino di città: raggi tra i cipressi
E’ il secondo funerale che celebro nella mia nuova Comunità: è un giorno bello, con molta luce ma anche qualche filo di nebbia, un venerdì mattina se non mi sbaglio.
La chiesa è piena: tanta gente per salutare un amico, un parente, un conoscente; in prima fila i parenti più stretti ed io, sull’altare, per tutti porto la fiaccola della Fede.
“Non sia turbato il vostro cuore”: presto questa voce a Gesù che parla, lì, in quel momento, a quelle persone a me ancora semi sconosciute. La mia voce è forte e chiara, merito del buon Dio che me l’ha data, e la mia sicurezza àncora le radici nella Fede, anch’essa dono dall’alto.
Accompagno il corpo al cimitero, assieme al popolo di Dio e raccolgo le confidenze, i ricordi, le lacrime (più che lacrime occhi lucidi) di chi ha già perso da qualche tempo un figlio in un incidente, un marito quando era ancora giovane, una nonna anziana…
Alzo gli occhi tra le fila dei cipressi e vedo irrompere, nell’imbra, i raggi di sole che ci illuminano e ci scaldano: segno di una Presenza che scalda, rincuora, da’ speranza.
Al momento del seppellimento, quando il mio “nuovo parrocchiano” torna alla terra osservo gli sguardi di chi è intorno e anche i miei occhi si inumidiscono vedendo l’affetto, l’attaccamento, l’amore.
Si dice che “il primo amore non si scorda mai”; parafrasando potrei dire che “la prima commozione non si scorda facilmente”.
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