Assunzione di Maria – Solennità (Rito Ambrosiano) – Omelia 15/08/2014

Assunzione della Beata Vergine Maria – Solennità

Omelia nella Messa del giorno (15/08/2014)

Chi è per me, Maria? È la “donna vestita di sole”, come detto nell’Apocalisse. Perché? Donna perché rivela il volto materno e dolce di Dio; vestita di sole perché ha fatto del seguire la luce la sua unica regola di vita. Anche se tutto questo gli ha procurato un sacco di “grattacapi” e problemi, ansietà e cuori spezzati: così possiamo assomigliare a Lei, se lo vogliamo, se sappiamo che nella nostra vita abbiamo quel deserto nel quale rifugiarci per sfuggire dal male e dalle sue nefaste conseguenze e per poter “dare alla luce” anche noi, con la nostra testimonianza, la potenza del Cristo.

Chi è per me, Maria? È colei che, per prima, “riceve la vita in Cristo risorto”, come detto da Paolo ai Corinzi. Perché? La prima dei credenti, colei che ha detto il suo personale “Sì!” al progetto di Dio affidato a Lei per tutta l’umanità, diventa la prima a far parte della Casa del Padre che la accoglie “in anima e corpo”: così possiamo aspirare a Lei, se lo vogliamo, perché ci fa vedere il mistero della risurrezione dai morti, quel mistero al quale ci prepariamo lungo tutta una vita e al quale, forse, non pensiamo mai abbastanza.

Chi è per me, Maria? È la “donna della premura e della lode”, come detto e raccontato nel Vangelo. Perché? Si mette in fretta in viaggio per raggiungere Elisabetta, toccata dalla potenza di Dio nell’intimo, e sente parole di benedizione e di esaltazione per aver creduto nell’adempimento delle parole del Signore: così possiamo correre con Lei, se lo vogliamo, per raggiungere quei luoghi dove, nascosta agli occhi dei “grandi del mondo”, la mano di Dio da’ vita, speranza, fecondità anche se, in apparenza, non pare proprio.

Oggi è san Massimiliano Kolbe, un “innamorato di Maria”: ascoltiamo il suo Magnificat, in apparenza vestito di morte e di disfatta.

Vorrei morire al suo posto

Le ore passano lente come secoli sotto un sole di piena estate che di ora, in ora si fa più spietato per quegli uomini distrutti dalla fame, dalla sete e dalla fatica. Qualcuno comincia a stramazzare al suolo svenuto. Se non si rianima sotto il grandinare delle percosse, è trascinato via, per i piedi e gettato in un angolo del “piazzale”. Testa di mastino, alle 18, si pianta, a gambe divaricate, davanti alle sue vittime, sul campo un silenzio di tomba. “L’evaso non è stato ritrovato dieci di voi moriranno nel bunker della fame. La prossima volta toccherà a venti.” Lentamente il capo inizia la sua scelta fissando nello sguardo, uno ad uno i prigionieri e di ciascuno assaporando il terrore. “Questo qui”, Testa di mastino puntava a caso il suo indice sul numero cucito sulla giacca del prigioniero. Il drappello dei martiri è completo. “Arrivederci amici, ci rivedremo lassù, dove c’è vera giustizia”, “viva la Polonia! E’ per essa che io do la mia vita”. Francesco G. n° 5659, piange disperato ricordando la moglie e i figli. Tra le file dei risparmiati lo sbigottimento lascia il posto ad un senso di sollievo, alla gioia: vivere ancora, sfuggendo alla morte atroce del bunker della fame. Un uomo esce dalle fila – numero 16.670 – e con passo deciso si presenta a Testa di Mastino. “Cosa vuole da me questo sporco polacco?” “Vorrei morire al posto di uno di quelli” “Perché?” “Sono vecchio, ormai (aveva 47 anni!) e buono a nulla – La mia vita non può più servire gran che.” “E per chi vuoi morire?” “Per lui, ha moglie e bambini” “Ma tu chi sei?” “Un prete cattolico” P. Massimiliano Kolbe – n° 16.670

Era Massimiliano Maria Kolbe, morto ad Auschwitz il 14 agosto 1941 e proclamato santo nel 1982 da papa Giovanni Paolo II.

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