“Appunti per l’omelia”: Domenica 29 novembre 2015, III di Avvento (C) “Le profezie adempiute”

Lettura

Lettura del profeta Isaia 45, 1-8

Dice il Signore del suo eletto, di Ciro: / «Io l’ho preso per la destra, / per abbattere davanti a lui le nazioni, / per sciogliere le cinture ai fianchi dei re, / per aprire davanti a lui i battenti delle porte / e nessun portone rimarrà chiuso. / Io marcerò davanti a te; / spianerò le asperità del terreno, / spezzerò le porte di bronzo, / romperò le spranghe di ferro.

Ti consegnerò tesori nascosti / e ricchezze ben celate, / perché tu sappia che io sono il Signore, / Dio d’Israele, che ti chiamo per nome. / Per amore di Giacobbe, mio servo, / e d’Israele, mio eletto, / io ti ho chiamato per nome, / ti ho dato un titolo, sebbene tu non mi conosca.

Io sono il Signore e non c’è alcun altro, / fuori di me non c’è dio; / ti renderò pronto all’azione, anche se tu non mi conosci, / perché sappiano dall’oriente e dall’occidente / che non c’è nulla fuori di me. / Io sono il Signore, non ce n’è altri.

Io formo la luce e creo le tenebre, / faccio il bene e provoco la sciagura; / io, il Signore, compio tutto questo. / Stillate, cieli, dall’alto / e le nubi facciano piovere la giustizia; / si apra la terra e produca la salvezza / e germogli insieme la giustizia. / Io, il Signore, ho creato tutto questo».

 

Salmo

Sal 125 (126)

®   Grandi cose ha fatto il Signore per noi.

Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion,

ci sembrava di sognare.

Allora la nostra bocca si riempì di sorriso,

la nostra lingua di gioia. ®

Allora si diceva tra le genti:

«Il Signore ha fatto grandi cose per loro».

Grandi cose ha fatto il Signore per noi:

eravamo pieni di gioia. ®

Ristabilisci, Signore, la nostra sorte,

come i torrenti del Negheb.

Chi semina nelle lacrime

mieterà nella gioia. ®

Nell’andare, se ne va piangendo,

portando la semente da gettare,

ma nel tornare, viene con gioia,

portando i suoi covoni.®

 

Epistola

Lettera di san Paolo apostolo ai Romani 9, 1-5

Fratelli, dico la verità in Cristo, non mento, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua. Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne. Essi sono Israeliti e hanno l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse; a loro appartengono i patriarchi e da loro proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen.

 

Vangelo

Lettura del Vangelo secondo Luca 7, 18-28

In quel tempo. Giovanni fu informato dai suoi discepoli di tutte queste cose. Chiamati quindi due di loro, Giovanni li mandò a dire al Signore: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Venuti da lui, quegli uomini dissero: «Giovanni il Battista ci ha mandati da te per domandarti: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”». In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi. Poi diede loro questa risposta: «Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».

Quando gli inviati di Giovanni furono partiti, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che portano vesti sontuose e vivono nel lusso stanno nei palazzi dei re. Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto:

“Ecco, dinanzi a te mando il mio messaggero, / davanti a te egli preparerà la tua via”.

Io vi dico: fra i nati da donna non vi è alcuno più grande di Giovanni, ma il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui».

 

“Io ti ho chiamato per nome, / ti ho dato un titolo, sebbene tu non mi conosca”

“Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne”

“Che cosa siete andati a vedere nel deserto?”

1. Il profeta Isaia in questa parte dei suoi scritti è detto “secondo” per distinguerlo dai capitoli precedenti (detto “primo”) e da quelli successivi (detto “terzo”). Questo inno riconosce storicamente l’opere di Ciro il grande, condottiero persiano, che viene a sconfiggere Babilonia, detta “la grande” e riconosciuta come madre del peccato e segno di perdizione per chi cade sotto il suo potere e la sua tirannide. Ciò che colpisce nel testo è proprio l’attribuzione messianica a questo personaggio storico, anche se lui non ha coscienza di essere “strumento” del Dio Creatore e Signore del popolo ebraico. Nella storia dell’uomo quello che conta è riconoscere questa mano invisibile di Dio che guida con saggezza anche se molte volte facciamo fatica a riconoscerla.

2. Paolo è rammaricato della durezza di cuore e di testa dei suoi fratelli ebrei di fronte alla rivelazione divina in Gesù. Purtroppo l’amarezza più grande sta proprio nel rifiuto di questa testimonianza così esplicita e così scartata: tutti gli strumenti, tutte le indicazioni sono in mano a questo popolo che non riconosce, appunto, “le profezie adempiute” in Gesù Messia. Forse perché la durezza di Gesù è “mitigata” dalla sua misericordia e dalla rivelazione di un volto divino non corrucciato ma aperto e sinceramente pronto all’accoglienza, sempre. E’ così a volte anche per noi, cristiani di “vecchia generazione”.

3. Il compito dei profeti, anche quelli dei nostri tempi, è quello di risvegliare nel cuore e nella coscienza una nostalgia di Dio, del vero Dio che in Gesù ha mostrato tutta la sua verità una volta per tutte. Quali profeti oggi il Signore pone sulla nostra strada per prepararci ad accoglierlo, di nuovo, nella nostra vita? Certamente sono tutti quegli uomini e quelle donne di buona volontà che, al pari di Giovanni Battista, testimoniano con la vita la certezza della loro vocazione e riconoscono nelle opere (di misericordia, di guarigione, di solidarietà, d’amore…) la presenza e l’azione del Dio dell’amore.

“L’atteggiamento cristiano è quello “del Dio con me”. Dio è il Dio della mia casa, il Dio della mia porta, il Dio della mia mensa; è il mio compagno di viaggio, che mi ha dato la mano e al quale io posso dare la mano; è il Dio della comunione personale, delle pareti domestiche, dell’ottimismo, della speranza; è il Dio che vince in forma radicale la solitudine, che non è vinta da nessun’altra compagnia. Ma tutto questo avviene a un patto: che mi abbandoni, mi fidi. Egli dice: “Non sai che cosa c’è voltato l’angolo, devi fidarti”. […] Egli cammina con noi nella nebbia, non ci permette di vedere col nostro occhio, perché non vuole che prevediamo col nostro cuore”.

(L. SERENTHÀ, La storia degli uomini e il Dio della storia, a cura di A. CARGNEL – M. VERGOTTINI (Collana di Teologia e Spiritualità 5), O. R., Milano 1987, p. 47)

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