Omelia della Domenica all’inizio della Quaresima (anno B, rito ambrosiano) 18/2/18

DOMENICA ALL’INIZIO DI QUARESIMA

LETTURA
Lettura del profeta Isaia 57, 15 – 58, 4a
In quei giorni. / Isaia disse: «Così parla l’Alto e l’Eccelso, / che ha una sede eterna e il cui nome è santo. / “In un luogo eccelso e santo io dimoro, / ma sono anche con gli oppressi e gli umiliati, / per ravvivare lo spirito degli umili / e rianimare il cuore degli oppressi. / Poiché io non voglio contendere sempre / né per sempre essere adirato; / altrimenti davanti a me verrebbe meno / lo spirito e il soffio vitale che ho creato. / Per l’iniquità della sua avarizia mi sono adirato, / l’ho percosso, mi sono nascosto e sdegnato; / eppure egli, voltandosi, / se n’è andato per le strade del suo cuore. / Ho visto le sue vie, / ma voglio sanarlo, guidarlo e offrirgli consolazioni. / E ai suoi afflitti / io pongo sulle labbra: ‘Pace, / pace ai lontani e ai vicini / – dice il Signore – e io li guarirò’”. / I malvagi sono come un mare agitato, / che non può calmarsi / e le cui acque portano su melma e fango. / “Non c’è pace per i malvagi”, dice il mio Dio. / Grida a squarciagola, non avere riguardo; / alza la voce come il corno, / dichiara al mio popolo i suoi delitti, / alla casa di Giacobbe i suoi peccati. / Mi cercano ogni giorno, / bramano di conoscere le mie vie, / come un popolo che pratichi la giustizia / e non abbia abbandonato il diritto del suo Dio; / mi chiedono giudizi giusti, / bramano la vicinanza di Dio: / “Perché digiunare, se tu non lo vedi, / mortificarci, se tu non lo sai?”. / Ecco, nel giorno del vostro digiuno curate i vostri affari, / angariate tutti i vostri operai. / Ecco, voi digiunate fra litigi e alterchi».

SALMO
Sal 50 (51)
®   Pietà di me, o Dio, nel tuo amore.
Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;
nella tua grande misericordia cancella la mia iniquità.
Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro. ®
Sì, le mie iniquità io le riconosco,
il mio peccato mi sta sempre dinanzi.
Contro di te, contro te solo ho peccato,
quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto. ®
Ma tu gradisci la sincerità nel mio intimo,
nel segreto del cuore mi insegni la sapienza.
Distogli lo sguardo dai miei peccati,
cancella tutte le mie colpe. ®

EPISTOLA
Seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 4, 16b – 5, 9
Fratelli, se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore si rinnova di giorno in giorno. Infatti il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria: noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili, perché le cose visibili sono di un momento, quelle invisibili invece sono eterne.
Sappiamo infatti che, quando sarà distrutta la nostra dimora terrena, che è come una tenda, riceveremo da Dio un’abitazione, una dimora non costruita da mani d’uomo, eterna, nei cieli. Perciò, in questa condizione, noi gemiamo e desideriamo rivestirci della nostra abitazione celeste purché siamo trovati vestiti, non nudi. In realtà quanti siamo in questa tenda sospiriamo come sotto un peso, perché non vogliamo essere spogliati ma rivestiti, affinché ciò che è mortale venga assorbito dalla vita. E chi ci ha fatti proprio per questo è Dio, che ci ha dato la caparra dello Spirito.
Dunque, sempre pieni di fiducia e sapendo che siamo in esilio lontano dal Signore finché abitiamo nel corpo – camminiamo infatti nella fede e non nella visione –, siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore. Perciò, sia abitando nel corpo sia andando in esilio, ci sforziamo di essere a lui graditi.

VANGELO
Lettura del Vangelo secondo Matteo 4, 1-11
In quel tempo. Il Signore Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: / “Non di solo pane vivrà l’uomo, / ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”».
Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: / “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo / ed essi ti porteranno sulle loro mani / perché il tuo piede non inciampi in una pietra”».
Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: / “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».
Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vattene, Satana! Sta scritto infatti: / “Il Signore, Dio tuo, adorerai: / a lui solo renderai culto”».
Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.

 

Il prefazio di questa Domenica all’inizio di Quaresima contiene questa felice espressione: “In lui (Cristo) ritroviamo il Pane vivo e vero che, quaggiù, ci sostenta nel faticoso cammino del bene”. Possiamo iniziare con questa indicazione preziosa questo tempo favorevole che diventa esempio per il cammino di un  credente nella sua vita intera: un cammino verso la Pasqua, non solo quella di Gesù ma anche della nostra, di ciascuna di noi.

Faccio dialogare questa frase con quella scelta da papa Francesco per il messaggio all’inizio di questa Quaresima 2018: “Per il dilagare dell’iniquità, l’amore di molti si raffredderà” (Mt 24, 12). E’ un’espressione forte, contenuta nei discorsi sugli ultimi tempi, che denuncia come vivere sociale e sentire personale siano legati strettamente: non c’è azione esterna (negativa) che non mortifichi l’anima, così come non c’è azione interna (negativa) che non influenzi l’azione. Come dunque far sì che il nostro amore non si raffreddi?

“Ecco, nel giorno del vostro digiuno curate i vostri affari, / angariate tutti i vostri operai. / Ecco, voi digiunate fra litigi e alterchi”. Uno degli esercizi proposti per la Quaresima è il digiuno, cioè la rinuncia (salutare) a qualcosa che riteniamo indispensabile (cibo, strumenti,…). L’espressione di Isaia mette in luce una specie di digiuno che è fine a se stesso, quindi non utile né a chi lo pratica, né a chi gli sta intorno e… nemmeno a Dio: questa specie di digiuno è quella fine a se stessa, legata esclusivamente ad una soddisfazione personale (“Ho preso questo impegno, l’ho mantenuto: sono a posto”) e che non apre al prossimo. Che senso ha che io digiuni per poi essere irascibile e scontroso con il mio prossimo? Anche Gesù, nel Vangelo, ci ha raccomandato di profumarci il capo quando digiuniamo, per non far capire al nostro prossimo ciò che abbiamo fatto. Ecco, dunque: la pratica di un digiuno secondo il cuore di Dio apre alla conversione e al nostro prossimo, per vivere rapporti sociali più giusti, per vivere come comunità il cammino di conversione.

“Noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili, perché le cose visibili sono di un momento, quelle invisibili invece sono eterne”. La risposta a questo cammino di conversione comunitario è proprio nelle parole dell’Apostolo: la metafora del corpo è importante, ma soprattutto il fatto che del corpo noi ci dobbiamo occupare di ciò che c’è dentro, cioè alla parte invisibile di noi stessi, alla nostra anima. Il Signore ci chiede di fare una “fotografia della nostra anima” per verificare ciò che sta dentro (sperando sempre che qualcosa ci sia!) e così, con l’aiuto dello Spirito, iniziare (o continuare) quell’opera di pulizia, verifica, ordine… che sono indispensabili per continuare a camminare nel cammino della vita cristiana. Questo tempo favorevole dunque ci deve servire per guardare a noi stessi con l’atteggiamento del pubblicano della domenica scorsa, facendo questa professione di fede: “Signore, abbi pietà di me peccatore!”. Solo così, guardando alla nostra anima, possiamo seriamente lasciarci correggere e guidare dallo Spirito che ha condotto Gesù nel deserto.

“Il Signore Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo”. Come fare quest’opera di “pulizia dell’anima” ci è indicato dallo stesso Gesù nel brano di Vangelo. Se ci facciamo caso il Figlio di Dio risponde a tutte le tentazioni del Diavolo non usando parole sue, ma citando le parole della Scrittura, quella Scritture che conosce molto bene e che a lungo ha meditato dentro di sé. Anche noi possiamo vincere le tentazioni, di qualsiasi tipo, solamente se dentro di noi “ruminiamo” la Parola che è nutrimento (dell’anima, appunto): la ascoltiamo alla Domenica, la possiamo leggere durante la settimana, la conosciamo già nelle preghiere della tradizione (prima parte dell’Ave Maria, la preghiera di Gesù del Padre nostro…).

Dunque? All’opera, meglio ancora, in cammino! Perché se è vero che il cammino del bene è faticoso, siamo certi che non lo affrontiamo da solo: il Pane della Parola e il Pane della vita sono con noi e, soprattutto, non camminiamo soli, come singoli, ma come comunità, come Chiesa!

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.