Omelia della V Domenica dopo l’Epifania (5 febbraio 2017) A – Rito Ambrosiano

5.02.2017 – Domenica V dopo l’Epifania

 

Lettura

Lettura del profeta Isaia 66, 18b-22

Così dice il Signore Dio: «Io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la mia gloria. Io porrò in essi un segno e manderò i loro superstiti alle popolazioni di Tarsis, Put, Lud, Mesec, Ros, Tubal e Iavan, alle isole lontane che non hanno udito parlare di me e non hanno visto la mia gloria; essi annunceranno la mia gloria alle genti.

Ricondurranno tutti i vostri fratelli da tutte le genti come offerta al Signore, su cavalli, su carri, su portantine, su muli, su dromedari, al mio santo monte di Gerusalemme – dice il Signore –, come i figli d’Israele portano l’offerta in vasi puri nel tempio del Signore. Anche tra loro mi prenderò sacerdoti leviti, dice il Signore.

Sì, come i nuovi cieli / e la nuova terra, che io farò, / dureranno per sempre davanti a me / – oracolo del Signore –, / così dureranno la vostra discendenza e il vostro nome».

 

Salmo

Sal 32 (33)

® Esultate, o giusti, nel Signore.

Tema il Signore tutta la terra,

tremino davanti a lui gli abitanti del mondo,

perché egli parlò e tutto fu creato,

comandò e tutto fu compiuto. ®

Il Signore annulla i disegni delle nazioni,

rende vani i progetti dei popoli.

Ma il disegno del Signore sussiste per sempre,

i progetti del suo cuore per tutte le generazioni. ®

Il Signore guarda dal cielo:

egli vede tutti gli uomini;

dal trono dove siede

scruta tutti gli abitanti della terra,

lui, che di ognuno ha plasmato il cuore

e ne comprende tutte le opere. ®

 

Epistola

Lettera di san Paolo apostolo ai Romani 4, 13-17

Fratelli, non in virtù della Legge fu data ad Abramo, o alla sua discendenza, la promessa di diventare erede del mondo, ma in virtù della giustizia che viene dalla fede. Se dunque diventassero eredi coloro che provengono dalla Legge, sarebbe resa vana la fede e inefficace la promessa. La Legge infatti provoca l’ira; al contrario, dove non c’è Legge, non c’è nemmeno trasgressione.

Eredi dunque si diventa in virtù della fede, perché sia secondo la grazia, e in tal modo la promessa sia sicura per tutta la discendenza: non soltanto per quella che deriva dalla Legge, ma anche per quella che deriva dalla fede di Abramo, il quale è padre di tutti noi – come sta scritto: «Ti ho costituito padre di molti popoli» – davanti al Dio nel quale credette, che dà vita ai morti e chiama all’esistenza le cose che non esistono.

 

Vangelo

Lettura del Vangelo secondo Giovanni Gv 4, 46-54

In quel tempo. Il Signore Gesù andò di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire. Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». Il funzionario del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». Gesù gli rispose: «Va’, tuo figlio vive».

Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino. Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un’ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio a quell’ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e credette lui con tutta la sua famiglia. Questo fu il secondo segno, che Gesù fece quando tornò dalla Giudea in Galilea.

 

Abbiamo ormai imparato che il libro del Profeta Isaia in realtà è stato scritto da tre persone: una, il Primo Isaia, vissuto nel tempo della deportazione a Babilonia e della distruzione del tempio; la seconda e la terza invece, denominati Secondo e Terzo Isaia, vissute quando il resto d’Israele può tornare a Gerusalemme per riedificarla.

Siamo qui al capitolo 66, quello conclusivo del Terzo Isaia, dunque nell’epoca del ritorno degli esuli e della ricostruzione della città di Sion. Ci troviamo di fronte ai versetti conclusivi di tutto il libro profetico e il tema dominante è, a detta della maggior parte dei biblisti, la salvezza universale, cioè offerta e possibile per tutte le genti.

Qui c’è un disegno di Dio che coinvolge tutte le genti che saranno testimoni della gloria di Dio. Che cos’è la gloria di Dio? Essa è la manifestazione del progetti di Dio per l’uomo. Dunque questa rivelazione per la vita stessa è qualcosa che non è riservata a qualcuno (il popolo eletto, per esempio), ma tutti i popoli saranno offerta al Signore. Ed è significativo che tutto questo avvenga sul monte di Gerusalemme, la “città della pace”: se c’è un disegno di salvezza che coinvolge tutti gli uomini, questo deve essere un disegno di vita e di pace.

Come si fa a sperare e a credere in questa visione? Paolo, nella lettera ai Romani, ci ricorda la fede di Abramo: egli diventa nostro padre nella fede perché proprio il virtù di essa egli per primo ha ricevuto promessa ed eredità (promessa di un popolo numeroso ed eredità di un figlio e di una discendenza).

Anche noi dunque facciamo parte dell’eredità di Abramo se, come lui, chiediamo il dono della fede e viviamo in essa; perché, come ricorda l’Apostolo, “la legge provoca l’ira” perché da essa si può trasgredire (esempio: il popolo che non risponde osservando fedelmente i comandamenti); ma dalla fede, intesa come dono di Dio, non si trasgredisce, semmai non la si chiede o non la si custodisce.

Il Vangelo ci pone di fronte ad un’altra manifestazione di Gesù e della gloria di Dio. Il Maestro è di nuovo in quella “Galilea delle genti” considerata straniera, infedele e impura dai Giudei e, più precisamente, a Cana. Abbiamo sentito bene le parole di Gesù: in esse viene chiesta a noi una vera e propria conversione, un cambiamento di pensiero.

Se non vedete segni e prodigi, voi non credete”: le parole di Gesù sono precise e gravi di fronte alla disperazione di questo padre. Il principio denunciato da Gesù è questo: VEDERE PER CREDERE. Probabilmente vuole stigmatizzare la richiesta pressante della folla più che mortificare questa richiesta del funzionario del re, dettata dalla viva preoccupazione per la vita del figlio.

Va’, tuo figlio vive”. Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino: la parola semplice di Gesù questa volta suscita la fede nell’uomo che si rimette in cammino con fiducia piena. Dal vedere per credere, denunciato da Gesù, si passa al CREDERE PER VEDERE grazie all’esempio di fede del funzionario del re.

E noi, e io sono uno che ha bisogno di vedere per credere, oppure di credere per vedere?

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