Omelia della III Domenica dopo l’Epifania 22/01/2017 Rito Ambrosiano A
22.01.2017 – III DOMENICA DOPO L’EPIFANIA
Lettura
Lettura del libro dell’Esodo 16, 2-7a. 13b-18
In quei giorni. Nel deserto tutta la comunità degli Israeliti mormorò contro Mosè e contro Aronne. Gli Israeliti dissero loro: «Fossimo morti per mano del Signore nella terra d’Egitto, quando eravamo seduti presso la pentola della carne, mangiando pane a sazietà! Invece ci avete fatto uscire in questo deserto per far morire di fame tutta questa moltitudine».
Allora il Signore disse a Mosè: «Ecco, io sto per far piovere pane dal cielo per voi: il popolo uscirà a raccoglierne ogni giorno la razione di un giorno, perché io lo metta alla prova, per vedere se cammina o no secondo la mia legge. Ma il sesto giorno, quando prepareranno quello che dovranno portare a casa, sarà il doppio di ciò che avranno raccolto ogni altro giorno».
Mosè e Aronne dissero a tutti gli Israeliti: «Questa sera saprete che il Signore vi ha fatto uscire dalla terra d’Egitto e domani mattina vedrete la gloria del Signore, poiché egli ha inteso le vostre mormorazioni contro di lui».
Al mattino c’era uno strato di rugiada intorno all’accampamento. Quando lo strato di rugiada svanì, ecco, sulla superficie del deserto c’era una cosa fine e granulosa, minuta come è la brina sulla terra. Gli Israeliti la videro e si dissero l’un l’altro: «Che cos’è?», perché non sapevano che cosa fosse. Mosè disse loro: «È il pane che il Signore vi ha dato in cibo. Ecco che cosa comanda il Signore: “Raccoglietene quanto ciascuno può mangiarne, un omer a testa, secondo il numero delle persone che sono con voi. Ne prenderete ciascuno per quelli della propria tenda”».
Così fecero gli Israeliti. Ne raccolsero chi molto, chi poco. Si misurò con l’omer: colui che ne aveva preso di più, non ne aveva di troppo; colui che ne aveva preso di meno, non ne mancava. Avevano raccolto secondo quanto ciascuno poteva mangiarne.
Salmo
Sal 104 (105)
® Il Signore ricorda sempre la sua parola santa.
È lui il Signore, nostro Dio:
su tutta la terra i suoi giudizi.
Si è sempre ricordato della sua alleanza,
parola data per mille generazioni,
dell’alleanza stabilita con Abramo
e del suo giuramento a Isacco. ®
Fece uscire il suo popolo con argento e oro,
nelle tribù nessuno vacillava.
Quando uscirono, gioì l’Egitto,
che era stato colpito dal loro terrore.
Distese una nube per proteggerli
e un fuoco per illuminarli di notte. ®
Alla loro richiesta fece venire le quaglie
e li saziò con il pane del cielo.
Spaccò una rupe e ne sgorgarono acque:
scorrevano come fiumi nel deserto.
Così si è ricordato della sua parola santa,
data ad Abramo suo servo. ®
Epistola
Seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 8, 7-15
Fratelli, come siete ricchi in ogni cosa, nella fede, nella parola, nella conoscenza, in ogni zelo e nella carità che vi abbiamo insegnato, così siate larghi anche in quest’opera generosa. Non dico questo per darvi un comando, ma solo per mettere alla prova la sincerità del vostro amore con la premura verso gli altri.
Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà. E a questo riguardo vi do un consiglio: si tratta di cosa vantaggiosa per voi, che fin dallo scorso anno siete stati i primi, non solo a intraprenderla ma anche a volerla. Ora dunque realizzatela perché, come vi fu la prontezza del volere, così vi sia anche il compimento, secondo i vostri mezzi. Se infatti c’è la buona volontà, essa riesce gradita secondo quello che uno possiede e non secondo quello che non possiede. Non si tratta infatti di mettere in difficoltà voi per sollevare gli altri, ma che vi sia uguaglianza. Per il momento la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza, perché anche la loro abbondanza supplisca alla vostra indigenza, e vi sia uguaglianza, come sta scritto: «Colui che raccolse molto non abbondò e colui che raccolse poco non ebbe di meno».
Vangelo
Lettura del Vangelo secondo Luca 9, 10b-17
In quel tempo. Il Signore Gesù prese i suoi discepoli con sé e si ritirò in disparte, verso una città chiamata Betsàida. Ma le folle vennero a saperlo e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.
Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti.
Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.
Il cammino che il Lezionario Ambrosiano di queste domeniche ci vuole far percorrere, lo ricordiamo, è quello delle varie manifestazioni di Gesù che, nel solco della tradizione del Primo Testamento, viene e porta a compimento la rivelazione di Dio Padre.
Così troviamo questa domenica il brano della manna nel deserto, tagliato dal redattore del Lezionario dei versetti che parlano delle quaglie e della carne. La contestazione del popolo, rivolta a Mosè e ad Aronne, per la verità è indirizzata direttamente a Dio: gli si rinfaccia la fatica nel seguirlo, la provvisorietà della situazione nel deserto, il cammino lungo e impervio. A queste mormorazioni Dio stesso risponde, sempre tramite Mosè, che egli stesso mostrerà la sua gloria attraverso un dono dal cielo, dono per la sopravvivenza da raccogliere quanto basta per ogni tenda, nella misura più piccola conosciuta all’epoca (un omer equivale a un decimo dell’efa, cioè circa 4,5 litri). Questo alimento semplice, quasi come pane, e questa indicazione di raccogliere quanto basta per ciascuna tenda quotidianamente (salvo l’indicazione della raccolta doppia per il sesto giorno, il sabato del riposo sabbatico) ci fa venire in mente l’espressione della preghiera di Gesù “dacci oggi il nostro pane quotidiano”. Fin dall’antichità i Padri della Chiesa hanno riconosciuto nella manna un simbolo anticipatore del vero cibo di vita eterna, cioè il pane che è Gesù stesso.
In questa parte della seconda lettera paolina alla comunità di Corinto l’apostolo esorta la ricchezza di quella comunità ad andare in soccorso e a supplire all’indigenza di non possiede nulla. Le parole utilizzate, in forma retorica, sottolineano come i Corinti siano ricchi di tanti doni e ricchi, soprattutto, di volontà propria: ma questo non basta! Dalla volontà occorre passare all’azione, altrimenti si rischia di rimanere insensibili alle necessità dei fratelli e così si trasforma una ricchezza/possibilità in un possesso/tentazione. Quale criterio, dunque, deve guidare la generosità, per Paolo? “Non si tratta infatti di mettere in difficoltà voi per sollevare gli altri, ma che vi sia uguaglianza”. Il criterio è ripartire i beni secondo una giustizia che distribuisce a ciascuno il necessario, proprio come indicato nel libro dell’Esodo e, poi, confermato da Gesù.
Gesù a questo punto della sua missione è nella regione della Galilea (detta “delle genti”), regione disprezzata dai Giudei perché i suoi abitanti sono considerati rozzi, arretrati e ignoranti: proprio da questa regione “di periferia”, diremmo noi oggi, il Maestro e i sui discepoli iniziano la loro missione (anche se non viene ricordato dalla prima parte del versetto 10, tagliato dal redattore del Lezionario).
Gesù vuole riservarsi un momento con i suoi dodici, come abbiamo detto di ritorno dalla loro prima missione “in autonomia”; ma la folla lo viene a sapere e, non ancora sazia, ascolta di nuovo la parole di Gesù e si lascia guarire e curare (è questa, sempre, la missione di Gesù: annunciare il Regno di Dio, la sua vicinanza misteriosa, e l’offerta di una guarigione speciale).
La moltiplicazione dei pani e dei pesci, parallela a tutti i Vangeli (Giovanni compreso), nella versione di Luca rimanda direttamente all’Ultima Cena: dalla frase misteriosa detta ai discepoli preoccupati “Date loro voi stessi da mangiare” alla richiesta di fare sedere la folla; dai gesti e dalle parole (non dirette) di Gesù stesso che prende, alza gli occhi al cielo, benedice, spezza e da ai discepoli per distribuire fino al cenno finale che “Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste”.
Quale significato per noi, oggi? Probabilmente dobbiamo stare attenti a non “banalizzare” l’Eucaristia riducendola ad un rito, al “precetto festivo”: essa è lo svelarsi del Mistero del Regno di Dio che sta in mezzo a noi proprio così come Gesù ha fatto. Risposta alla nostra “fame di salvezza”, sollecitazione alla nostra generosità perché possiamo condividere, dono della vita stessa (cosa si fa in famiglia se non questo?).
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