Omelia della XIII Domenica dopo Pentecoste, 14 agosto 2016

14 Agosto 2016
XIII dopo Pentecoste
(Ne 1,1-4;2,1-8; Sal 83; Rm 15,25-32; Mt 21,10-16)

LETTURA

Lettura del libro di Neemia 1, 1-4; 2, 1-8

Parole di Neemia, figlio di Acalia. Nel mese di Chislèu dell’anno ventesimo, mentre ero nella cittadella di Susa, Anàni, uno dei miei fratelli, e alcuni altri uomini arrivarono dalla Giudea. Li interrogai riguardo ai Giudei, i superstiti che erano scampati alla deportazione, e riguardo a Gerusalemme. Essi mi dissero: «I superstiti che sono scampati alla deportazione sono là, nella provincia, in grande miseria e desolazione; le mura di Gerusalemme sono devastate e le sue porte consumate dal fuoco». Udite queste parole, mi sedetti e piansi; feci lutto per parecchi giorni, digiunando e pregando davanti al Dio del cielo.

Nel mese di Nisan dell’anno ventesimo del re Artaserse, appena il vino fu pronto davanti al re, io presi il vino e glielo diedi. Non ero mai stato triste davanti a lui. Ma il re mi disse: «Perché hai l’aspetto triste? Eppure non sei malato; non può essere altro che un’afflizione del cuore». Allora io ebbi grande timore e dissi al re: «Viva il re per sempre! Come potrebbe il mio aspetto non essere triste, quando la città dove sono i sepolcri dei miei padri è in rovina e le sue porte sono consumate dal fuoco?». Il re mi disse: «Che cosa domandi?». Allora io pregai il Dio del cielo e poi risposi al re: «Se piace al re e se il tuo servo ha trovato grazia ai suoi occhi, mandami in Giudea, nella città dove sono i sepolcri dei miei padri, perché io possa ricostruirla». Il re, che aveva la regina seduta al suo fianco, mi disse: «Quanto durerà il tuo viaggio? Quando ritornerai?». Dunque la cosa non spiaceva al re, che mi lasciava andare, e io gli indicai la data. Poi dissi al re: «Se piace al re, mi si diano le lettere per i governatori dell’Oltrefiume, perché mi lascino passare fino ad arrivare in Giudea, e una lettera per Asaf, guardiano del parco del re, perché mi dia il legname per munire di travi le porte della cittadella del tempio, per le mura della città e la casa dove andrò ad abitare». Il re mi diede le lettere, perché la mano benefica del mio Dio era su di me.

SALMO

Sal 83 (84)

® Ascolta, Signore, il grido della mia preghiera.

Quanto sono amabili le tue dimore,

Signore degli eserciti!

L’anima mia anela

e desidera gli atri del Signore. ®

Il mio cuore e la mia carne

esultano nel Dio vivente.

Anche il passero trova una casa

e la rondine il nido dove porre i suoi piccoli,

presso i tuoi altari, Signore degli eserciti,

mio re e mio Dio. ®

Beato chi abita nella tua casa:

senza fine canta le tue lodi.

Beato l’uomo che trova in te il suo rifugio

e ha le tue vie nel suo cuore. ®

Passando per la valle del pianto

la cambia in una sorgente;

anche la prima pioggia

l’ammanta di benedizioni.

Cresce lungo il cammino il suo vigore,

finché compare davanti a Dio in Sion. ®

EPISTOLA

Lettera di san Paolo apostolo ai Romani 15, 25-33

Fratelli, per il momento vado a Gerusalemme, a rendere un servizio ai santi di quella comunità; la Macedonia e l’Acaia infatti hanno voluto realizzare una forma di comunione con i poveri tra i santi che sono a Gerusalemme. L’hanno voluto perché sono ad essi debitori: infatti le genti, avendo partecipato ai loro beni spirituali, sono in debito di rendere loro un servizio sacro anche nelle loro necessità materiali. Quando avrò fatto questo e avrò consegnato sotto garanzia quello che è stato raccolto, partirò per la Spagna passando da voi. So che, giungendo presso di voi, ci verrò con la pienezza della benedizione di Cristo. Perciò, fratelli, per il Signore nostro Gesù Cristo e l’amore dello Spirito, vi raccomando: lottate con me nelle preghiere che rivolgete a Dio, perché io sia liberato dagli infedeli della Giudea e il mio servizio a Gerusalemme sia bene accetto ai santi. Così, se Dio lo vuole, verrò da voi pieno di gioia per riposarmi in mezzo a voi. Il Dio della pace sia con tutti voi. Amen.

VANGELO

Lettura del Vangelo secondo Matteo 21, 10-16

In quel tempo. Mentre il Signore Gesù entrava in Gerusalemme, tutta la città fu presa da agitazione e diceva: «Chi è costui?». E la folla rispondeva: «Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea».

Gesù entrò nel tempio e scacciò tutti quelli che nel tempio vendevano e compravano; rovesciò i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe e disse loro: «Sta scritto: / “La mia casa sarà chiamata casa di preghiera. / Voi invece ne fate un covo di ladri”».

Gli si avvicinarono nel tempio ciechi e storpi, ed egli li guarì. Ma i capi dei sacerdoti e gli scribi, vedendo le meraviglie che aveva fatto e i fanciulli che acclamavano nel tempio: «Osanna al figlio di Davide!», si sdegnarono, e gli dissero: «Non senti quello che dicono costoro?». Gesù rispose loro: «Sì! Non avete mai letto: / “Dalla bocca di bambini e di lattanti / hai tratto per te una lode”?».

 

Le letture di oggi ci invitano a sguardi e a richiesta di verifica abbastanza diverse ed impegnative riguardo alla nostra vita e alla nostra fede.

La prima lettura ci invita, come Neemia, ad andare alle origini della nostra vita e della nostra fede ed affrontare anche l’inevitabile fatica di guardare a ciò che ne rimane: certo per Neemia è ancora piè difficile perché gli vengono riportare notizie spaventose di povertà, difficoltà di vivere, distruzione… Pensiamo se dovessimo fare noi questa esperienza, questo pellegrinaggio ai luoghi delle nostre origini e trovare… macerie. In una parrocchia ho letto, su una prima pietra: “Nelle radici il nostro futuro”; guardiamo alle nostre radici non tanto con rimpianto ma con un po’ di nostalgia per poter offrire quei frutti buoni a chi oggi e domani porterà avanti l’edificazione della comunità e la trasmissione della fede. Raccontiamo la bellezza della nostra storia ai nostri ragazzi, figli e nipoti e aiutiamoli a far diventare sempre più bella ed entusiasmante la loro vita!

Paolo ci ricorda la riconoscenza verso chi, soprattutto con autorevolezza, ha confermato la nostra fede e ci ha detto: “Ok, tu sei cristiano, vai e annuncia quello che hai visto, sentito e incontrato: il Signore Gesù!”. E questa riconoscenza di essere cresciuti spiritualmente non è distinta alla vita materiale e di tutti i giorni! Una frase su tutte di Paolo mi piace e dice, sinteticamente, quale atteggiamento avere: “avendo partecipato ai loro beni spirituali, sono in debito di rendere loro un servizio sacro anche nelle loro necessità materiali”. Insomma: essere carità nella concretezza significa da una parte dimostrare riconoscenza per quello che si è ricevuto (spiritualmente) e dall’altra parte rendere sacra quell’azione, quel gesto.

Gesù prova delusione e rabbia entrando nel tempio: è la sua casa e si aspetta di poter dialogare con il Padre senza troppe distrazioni! E invece, quello che trova è troppo distante da quello che desidera: così, prima di compiere i gesti di liberazione e di guarigione, per i quali è venuto, scaccia i venditori e tutti quelli che, all’ombra del tempio, campano e fanno affari. Anche noi quando veniamo in una delle nostre chiese (ne abbiamo addirittura 3, anzi 4 con la cappellina dell’Oratorio!) cerchiamo questo rapporto con il Padre attraverso Gesù? Il momento più bello nel quale portiamo tutto noi stessi e tutte le nostre preoccupazioni, i nostri desideri, le nostre richieste… è il momento dell’offertorio: lì offriamo quello che siamo e diamo al Signore davvero tutto! Dobbiamo fare lo sforzo di cacciare dal tempio tutto quello che non ci permette di chiedere a Lui l’aiuto necessario per essere fedeli discepoli ogni giorno nelle nostre case, nelle nostre relazioni, nei nostri luoghi di lavoro. Il Signore è sostegno, sempre: chiediamoglieLo e Lui non ci negherà questo aiuto!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.