“Come io ho amato voi”: Omelia Domenica V di Pasqua C, rito ambrosiano (24/04/2016)

24.04.2016 – V DOMENICA DI PASQUA

 

LETTURA

Lettura degli Atti degli Apostoli 4, 32-37

In quei giorni. La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune. Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore. Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano il ricavato di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno.

Così Giuseppe, soprannominato dagli apostoli Bàrnaba, che significa «figlio dell’esortazione», un levita originario di Cipro, padrone di un campo, lo vendette e ne consegnò il ricavato deponendolo ai piedi degli apostoli.

 

SALMO

Sal 132 (133)

®  Dove la carità è vera, abita il Signore.

oppure

®  Alleluia, alleluia, alleluia.

Ecco, com’è bello e com’è dolce

che i fratelli vivano insieme! ®

È come olio prezioso versato sul capo,

che scende sulla barba, la barba di Aronne,

che scende sull’orlo della sua veste. ®

È come rugiada dell’Ermon,

che scende sui monti di Sion.

Perché là il Signore manda la benedizione,

la vita per sempre. ®

 

EPISTOLA

Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 12, 31 – 13, 8a

Fratelli, desiderate intensamente i carismi più grandi. E allora, vi mostro la via più sublime.

Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita.

E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla.

E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe.

La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.

La carità non avrà mai fine.

 

VANGELO

Lettura del Vangelo secondo Giovanni 13, 31b-35

In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

 

Non possiamo essere indifferenti al tenore delle tre letture che questa domenica, V di Pasqua, ci propone! Tutte parlano dell’amore cristiano, dell’amore fraterno “frutto della novità di vita che ha origine dalla Pasqua di Gesù”, come dice l’introduzione riportata sul foglietto della Messa.

Lo avevano capito bene i primi cristiani: che cosa chiedeva loro lo Spirito santo se non “rivoluzionare” la vita concreta per poter esprimere quell’amare come Lui li ha amati? E questa rivoluzione, che parte certamente da un dono spirituale, che parte da dentro il cuore dell’uomo e del credente, diventa vera conversione, cambiamento di vita perché cambiamento di mentalità e di prospettiva.

Se vogliamo, quell’essere “un cuore solo e un’anima sola” non è frutto di mediazioni umane o dell’andare d’accordo “tout court” ma della disponibilità ad accogliere nella propria vita quel Gesù che considera la sua ora e la sua gloria la consegna (il tradimento da parte di Giuda) e la croce.

È difficile considerare che la gloria di Dio manifestata in Gesù passa attraverso il tradimento e la crocifissione! Eppure è proprio questo mistero divino che ogni volta ci viene incontro e ci chiede di misurare la riuscita della nostra vita con questa misura alta di amare.

Pensiamo ai nostri rapporti interpersonali, pensiamo alla nostra esperienza familiare: essere un cuore solo e un’anima sola non è semplicemente un’ideale, un’utopia ma il risultato di un lavoro spirituale che, insieme, porta ogni cristiano a considerarsi parte attiva dell’azione dello Spirito santo che agisce, come dice bene Martini, “meglio, prima e più di noi”. Quando non funzionano questi rapporti interpersonali? Quando non “profumano di Vangelo” e rischiano di non essere più cristiani? Quando non si parla più di “noi”, ma di “io”, “tu”, “l’altro”… quando si riduce tutto ad un mercanteggiare, quando si considera il mio punto di vista, la mia idea, la mia visione… l’unica giusta e possibile.

E invece… Paolo ci ricorda, guardando al Crocifisso risorto, quale carità, quale amore la vita dell’uomo ha bisogno, quale amore ha animato la vita di Gesù, quale amore dobbiamo con convinzione e con forza chiedere di avere in dono: un amore con una grande anima, un amore che è benevolo, un amore che non conosce l’invidia, un amore che non si vanta, un amore non orgoglioso, un amore che rispetta, un amore che guarda al bene dell’altro, un amore che non si arrabbia, un amore che “dimentica” il male ricevuto, un amore che lotta contro ogni ingiustizia e cerca la verità, un amore  pronto a scusare, un amore un amore pronto a dare fiducia, un amore pieno di speranza, un amore che va in aiuto dell’altro. Non è impossibile e non ha mai fine un voler bene così! Perché questo è il vero mistero di Dio: uno che vuole bene così, senza misura. Impariamo da questo amore, impariamo e desideriamo di diventare come Lui, capaci di amare così, senza misura.

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