Settimana Autentica Ambrosiana – Venerdì santo nella Passione e Morte del Signore Via Crucis (Omelia al termine del cammino) – 3 aprile 2015
Settimana Autentica Ambrosiana
Venerdì santo nella Passione e Morte del Signore
Via Crucis (Omelia al termine del cammino)
3 aprile 2015
Seguire la Croce: è questo che abbiamo fatto testimoniando la nostra fede in un Dio crocifisso portando questo segno per le nostre strade, in mezzo alle nostre case, per i nostri palazzi.
All’inizio del nostro camminare abbiamo cantato un desiderio: “Ti seguirò, o Signore, e sulla tua strada camminerò”. Siamo proprio sicuri di voler seguire questo Signore? Siamo proprio certi che il nostro cuore ci suggerisca: “Vale la pena seguire questo Maestro”?
La “lezione” del Venerdì santo è dura da digerire e da accettare: lo stesso Gesù, la sera precedente la sua morte, nel Getsemani ha espresso paura e angoscia con quelle parole: “Passi da me questo calice”.
Eppure la croce è diventata il segno della nostra fede, il tratto distintivo dei discepoli di Cristo. Ma cosa dice ancora a noi, discepoli del nuovo millennio, la Croce di Gesù?
Non è più “scandaloso”, per noi, che il Figlio di Dio sia morto in croce. Forse questa “normalizzazione” della Croce ne sminuisce il suo significato più profondo; forse la Croce non ci dice più poi tanto quale desiderio d’amore muove il Padre nei confronti di ogni figlio dell’uomo; forse la croce senza il Crocifisso diventa un simbolo vuoto, spogliata della sua potenza che si manifesta nella debolezza.
Ho ritrovato parole difficili ma vere espresse da un prete ambrosiano che, ancora una volta, consegno alla mia e alla vostra riflessione davanti a Gesù Crocifisso: sono le parole di don Giovanni Moioli, un prete ambrosiano che ha aggrappato la croce di Cristo morendo abbastanza giovane di una malattia incurabile. Queste sono alcune parole che pronunciò qualche settimana prima di morire:
“Dio è un amore che non teme la contraddizione e l’inimicizia; è così grande che la perdona. Quello di Dio è un amore che vuol condividere tutto quello che può condividere senza contraddire se stesso: il peccato, l’odio, la falsità. Incontra condividendo. Se Dio diventasse peccatore come noi, occorrerebbe un altro Dio per salvare Dio. Questo modo di amare viene da un amore che vuol condividere ma realizzando uno scambio: l’esito della tua vita sia l’esito della mia vita, la risurrezione”
(G. Moioli, La parola della Croce)
Se ieri abbiamo contemplato, stupiti, le mani di Gesù piegate a servire, e abbiamo visto come anche le nostre mani possono assomigliare alle sue diventando operose nella carità, nell’amore, oggi siamo di fronte a un “di più”:
E noi impauriti a veder le tue mani ferite d’amore, mentre il tuo sguardo diceva:
Non c’è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici.
Amate sino alla fine, fate questo in memoria di me. (2 v.)
(“Li amò sino alla fine”, C. Burgio, Canto dei Candidati 2003)
Fare memoria di Gesù è fare memoria di Dio. Guardiamo alla nostre mani e chiediamoci: siamo capaci di renderle ferite d’amore, come Gesù? Saremo capaci di renderle ferite d’amore, come Gesù? Solo contemplando con tutto il cuore il mistero di Dio crocifisso in Gesù, ne saremo capaci!
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