2° Domenica di Avvento B (rito ambrosiano): “I figli del regno”, letture e omelia

II DOMENICA DI AVVENTO
I figli del Regno

LETTURA
Lettura del profeta Isaia 51, 7-12a

Così dice il Signore Dio: / «Ascoltatemi, esperti della giustizia, / popolo che porti nel cuore la mia legge. / Non temete l’insulto degli uomini, / non vi spaventate per i loro scherni; / poiché le tarme li roderanno come una veste / e la tignola li roderà come lana, / ma la mia giustizia durerà per sempre, / la mia salvezza di generazione in generazione. / Svégliati, svégliati, rivèstiti di forza, / o braccio del Signore. / Svégliati come nei giorni antichi, / come tra le generazioni passate. / Non sei tu che hai fatto a pezzi Raab, / che hai trafitto il drago? / Non sei tu che hai prosciugato il mare, / le acque del grande abisso, / e hai fatto delle profondità del mare una strada, / perché vi passassero i redenti? / Ritorneranno i riscattati dal Signore / e verranno in Sion con esultanza; / felicità perenne sarà sul loro capo, / giubilo e felicità li seguiranno, / svaniranno afflizioni e sospiri. / Io, io sono il vostro consolatore».
SALMO 
Sal 47 (48)

® Il tuo nome, o Dio, si estende ai confini della terra.

Grande è il Signore e degno di ogni lode
nella città del nostro Dio.
La tua santa montagna, altura stupenda,
è la gioia di tutta la terra. ®
Il monte Sion, vera dimora divina,
è la capitale del grande re.
Dio nei suoi palazzi
un baluardo si è dimostrato. ®

Come avevamo udito, così abbiamo visto
nella città del Signore degli eserciti,
nella città del nostro Dio;
Dio l’ha fondata per sempre. ®

O Dio, meditiamo il tuo amore dentro il tuo tempio.
Come il tuo nome, o Dio,
così la tua lode si estende sino all’estremità della terra;
di giustizia è piena la tua destra. ®

Circondate Sion, giratele intorno.
Osservate le sue mura,
passate in rassegna le sue fortezze,
per narrare alla generazione futura:
questo è Dio, il nostro Dio in eterno e per sempre. ®

 

EPISTOLA 
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani 15, 15-21

Fratelli, su alcuni punti, vi ho scritto con un po’ di audacia, come per ricordarvi quello che già sapete, a motivo della grazia che mi è stata data da Dio per essere ministro di Cristo Gesù tra le genti, adempiendo il sacro ministero di annunciare il vangelo di Dio perché le genti divengano un’offerta gradita, santificata dallo Spirito Santo.
Questo dunque è il mio vanto in Gesù Cristo nelle cose che riguardano Dio. Non oserei infatti dire nulla se non di quello che Cristo ha operato per mezzo mio per condurre le genti all’obbedienza, con parole e opere, con la potenza di segni e di prodigi, con la forza dello Spirito.
Così da Gerusalemme e in tutte le direzioni fino all’Illiria, ho portato a termine la predicazione del vangelo di Cristo. Ma mi sono fatto un punto di onore di non annunciare il Vangelo dove era già conosciuto il nome di Cristo, per non costruire su un fondamento altrui, ma, come sta scritto: «Coloro ai quali non era stato annunciato, lo vedranno, e coloro che non ne avevano udito parlare, comprenderanno».
VANGELO 
Lettura del Vangelo secondo Matteo 3, 1-12

In quei giorni venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto della Giudea dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!».
Egli infatti è colui del quale aveva parlato il profeta Isaia quando disse: «Voce di uno che grida nel deserto: / Preparate la via del Signore, / raddrizzate i suoi sentieri!».
E lui, Giovanni, portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico.
Allora Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.
Vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: «Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? Fate dunque un frutto degno della conversione, e non crediate di poter dire dentro di voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Io vi battezzo nell’acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».

 

Omelia

Secondo me quei farisei e sadducei che sono andati da Giovanni, mossi forse da curiosità oppure da sincero spirito di pentimento, devono essersela “presa a male” dalle parole e dal giudizio tagliente che hanno ricevuto come accoglienza: “Razza di vipere!”.

D’altronde, è il servizio dei profeti, veri uomini di Dio, che non scendono mai a compromessi e portano un messaggio chiaro e limpido, inequivocabile e impegnativo anzitutto per loro e poi per chi lo ascolta e vuole accoglierlo.

Da dove viene il messaggio e la forza delle parole di Giovanni? Questo suo parlare ha radici antiche e lontane: le abbiamo sentite nella prima lettura quando in secondo Isaia parla con grane enfasi del “giorni antichi” e dell’imminenza del ritorno del “braccio potente del Signore”. È questo il clima che accompagnava la speranza del ritorno a Gerusalemme (Sion) e della ricostruzione dopo l’esilio a Babilonia: il profeta riconosce che la forza non è del popolo o di un potere temporale, ma di un potere spirituale che viene in aiuto di chi ascolta (obbedisce) e vede l’opera del Signore dispiegarsi nei giorni (salmo responsoriale: “Come avevamo udito, così abbiamo visto nella città del Signore degli eserciti… Dio l’ha fondata per sempre”. Cosa viene chiesto al popolo? “Ascoltatemi, esperti della giustizia, popolo che porti nel cuore la legge”: dunque è chiesto di sperimentare la giustizia, cioè essere giusti, e conservare nel cuore, centro delle nostre decisioni, la legge del Signore, la sua stessa Parola.

Quest’azione divina è già riconosciuta, per esempio, nella comunità cristiana di Roma già dall’apostolo Paolo, pur non avendo dato origine al Vangelo tra quelle genti (infatti il cristianesimo arriva a Roma con Pietro): Paolo ha solo prestato il suo ministero e la sua esperienza alla giovane fede dei credenti di Roma per diventare, come lui stesso auspica per se stesso, “un’offerta gradita, santificata dallo Spirito santo”. Diventare dunque aiuto alla fede e non ostacolo, esempio di vita e non scandalo e pietra d’inciampo ai fratelli. È chiesto anche a noi, e ai ministri di Dio nella Chiesa per primi, di essere sempre, e sottolineiamo sempre, capaci di una retta coscienza nelle nostre azioni e nel nostro vivere quotidiano accompagnato e illuminato dalla certezza di ricevere, già qui ed ora, gli aiuti necessari per diventare quel quinto Vangelo di cui il mondo, anche il nostro piccolo mondo feriale e contemporaneo, ha bisogno.

Torniamo a Giovanni, l’ultimo dei profeti che annunciano con forza spirituale e morale l’arrivo imminente del regno dei cieli. Non c’è proprio niente da eccepire alla sua vita a partire dalla sua origine: figlio di Zaccaria, sacerdote della classe di Levi, ed Elisabetta, donna giusta e sterile, egli è davvero “dono di Dio” come dice significativamente il suo nome; vive dell’essenziale e dei doni del Creatore non ricercando altro che non la comunione con l’Altissimo e la coerenza della vita per poter annunziare con vigore come preparare la via al Signore che viene.

“Fate un frutto degno della conversione, e non crediate di poter dire dentro di voi…”: tornate ad uno stato di grazia e di ricerca sincera di Dio, guardate in voi stessi e sentite che avete il privilegio non di appartenere ad un popolo santo solamente, ma di essere destinatari, singolarmente, di un annuncio di salvezza che cambierà radicalmente la vostra vita! Guardate a voi stessi, al vostro cuore, ai vostri desideri, a ciò che vi spinge ad agire e tornate indietro alla vostra dignità originaria, a quel “battesimo di conversione” che non ha mai fine e che, proprio per questo, anche oggi, qui, in questo momento vi è offerto per portare nuovo frutto, o almeno per preparare il terreno buono della vostra vita per ricevere l’abbondanza del seme del seminatore.

Forse dovremmo aver paura della scure posta alla radice degli alberi infruttiferi? Forse dovremmo temere la pala che pulisce e il fuoco che brucia la paglia? Più che paura dovremmo sentire il desiderio, questo sì, di ridestare da dentro quella forza dello Spirito che, già nel battesimo, è stata “depositata” in noi per poter essere alberi buoni che producono frutti e terra buona che produce frumento.

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