Epifania del Signore – Omelia: una Chiesa senza confini
EPIFANIA DEL SIGNORE
OMELIA DELLA LITURGIA DEL GIORNO
(Is 60, 1-6; Sl 71(72); Tt 2, 11-3,2; Mt 2, 1-12)
“Oggi è l’Epifania, festa della universalità della Chiesa. Festeggiamo cioè una Chiesa che si allarga a tutti i popoli: che non si chiude nel suo campanile, non rifiuta l’altro, ma ha le porte e le finestre aperte, anzi spalancate. La festa della Epifania ci ricorda che non siamo un insieme di persone chiamate a raccolta per giustificarci. La Chiesa è il popolo di Dio che annuncia la salvezza e lo fa con estrema liberalità, accettando la diversità. Accettare la diversità è una cosa grande”.
Sono parole di un pastore secondo il cuore di Dio, don Tonino Bello; parole che ci vengono incontro e danno “aria fresca” alla nostra vita e al nostro cuore; ci fanno capire che la nostra fede non è solamente un fatto personale, privato; ci fanno capire che la nostra speranza di fonda su un avvenimento che coinvolge chi è intorno a noi e lontano da noi; ci fanno capire che non possiamo non vivere la carità, l’amore perché chi è chiamato da Gesù non può rimanere “con le mani in tasca”.
Già la prima lettura ci ha dato le “vertigini”. E ce le ha date per l’insistenza di quel “tuo”: viene la tua luce, ti invaderà uno stuolo, la luce che brilla sopra di te, camminare alla tua luce… Ci siamo dentro con tutto noi stessi, in questa festa di luce; ma non come un lucignolo fumigante, questa volta, ma come parte di uno splendore ben più grande! E, forse, tutto questo splendore può darci “fastidio”; tutta questa gente che ci “invade” potrebbe essere una minaccia. Eppure, questa luce è cos’ forte e questa profezia così rassicurante che, se la lasciamo entrare in noi, la nostra vita diviene raggiante e il nostro cuore palpita e si dilata.
Paolo, nel suo consueto modo, ci indica poi una sorta di “regola ti vita”. Sembra dirci: se tu riconosci questa opera di luce, se accogli la chiamata di questo Dio e riconosci come grazia, come dono e possibilità di salvezza per te, tutto questo ti porta ad una condotta differente da prima; c’è un prima e un dopo questo incontro! E il dopo prende la distanze dal mondo e dalla sua filosofia, dal mondo e dalla sua logica: sobrietà, giustizia, pietà, zelo per le opere buone, mansuetudine, obbedienza all’autorità… Paolo ci chiede di guardare a lui, alla vita di chi è diventato testimone di luce.
Matteo, con il suo Vangelo, ha il “compito” di convincere il suo popolo, Israele, che Gesù è davvero il Messia atteso, venuto a portare il lieto messaggio di salvezza. E probabilmente deve convincere ancora una volta noi, popolo di Dio appartenente alla tradizione cristiana, forse un po’ troppo “abituati” a questo racconto: anche noi dobbiamo, ogni tanto, essere “turbati” da qualcuno che cerca Dio seguendo le stelle e viene a domandare a noi dove trovarlo. Noi possiamo assomigliare a Gerusalemme (non dico ad Erode!) che ha saputo spegnere questa attesa del Signore; oppure possiamo lasciarci provocare e seguire, con queste genti che vengono da lontano, la profezia fin dove ci vorrà guidare per scoprire, con stupore, che non basta sapere per credere: occorrere vivere, cercare e vedere.
Concludeva don Tonino nella sua riflessione: “Mi sembra sciocco avere paura dell’irruzione dei terzomondiali perché sono maomettani. Ma che paura avete? Alcuni dicono, rimproverando noi vescovi o il Papa, di essere troppo solleciti nella accoglienza; dicono che stiamo imbarbarendo la cristianità. Ma che paura avete? Abbiamo avuto la grazia dal Signore di essere suoi fedeli, di stare al suo servizio. Nostra missione è di testimoniare Lui, il Risorto. Qualche volta con la parola, ma soprattutto con i gesti, con la vita. Se sono gesti buoni la gente lo vede. E’ impossibile che non li veda”.
Lascia un commento