VII Giorno dell’Ottava di Natale, detto del “Te Deum” – Omelia
VII GIORNO DELL’OTTAVA DI NATALE del “Te Deum”
OMELIA DEL GIORNO
Martedì 31 dicembre 2013
(Mi 5, 2-4a; Gal 1, 1-5; Lc 2, 33-35)
Nel settimo giorno dopo Natale ci troviamo ad una svolta che con la religione sembrerebbe non azzeccarci granché: l’ultimo giorno dell’anno. La tradizione della Chiesa, come madre e maestra sapiente, ci invita a rendere grazie dell’anno e dei giorni trascorsi: è la “Messa del Te Deum” che noi celebriamo in modo “solenne”.
Per che cosa possiamo ringraziare il Signore? Se ci guardiamo indietro, i giorni che si stanno concludendo non sono stati, per così dire, “esaltanti”: ciascuno di noi potrebbe facilmente trovare tanti motivi di rammarico, tristezza e lamentela. Ma anche questo ci viene chiesto di consegnare, ai piedi dell’Altissimo, perché la vita è uno strano percorso, a volte una lunga corsa ad ostacoli. E allora, per cosa possiamo ringraziare?
Possiamo ringraziare anzitutto perché abbiamo ascoltato parole di speranza, parole antiche che ci hanno sollecitato a guardare i nostri giorni, il presente ed il futuro, con un occhio diverso dal solito (occhio critico, annebbiato, negativo…): sono le parole del profeta che ci dicono che colui che viene, ed è venuto, è la pace, pace di una sicurezza che si estende fino ai confini della terra; pace e sicurezza che vengono da una nascita, una nuova vita, il segno più grande di una fiducia nel presente e nel futuro, sicuri che non tutto è nelle nostre mani e nemmeno nelle mani altrui, ma tutto fa parte di un disegno più grande, di un panorama che a volte sfugge al nostro sguardo.
Possiamo ringraziare nel nome di Gesù, come sempre fa Paolo quando scrive lettere alle sue comunità: la missione di questo bambino disceso dal cielo per diventare uomo come noi e con noi è proprio quella di “strapparci da questo mondo malvagio”, dando se stesso per noi. Ognuno di noi ha le sue malvagità da saper riconoscere e vincere, con l’aiuto della grazia divina: non tutto il mondo è malvagio, ma tutto ciò che si nasconde alla luce del mondo che è venuta. Siamo disposti a farci illuminare da questa grande luce?
Possiamo ringraziare perché ancora una volta l’Altissimo ci ha stupito, come un tempo ha stupito Giuseppe e Maria per la nascita di Gesù e per tutti gli incontri e le parole che nei loro primi giorni da genitori hanno vissuto e ascoltato: i pastori e i magi, Anna e Simeone, uomini e donne importanti ed umili… tutti intorno a questa nascita, tutti stupiti e pronti a ringraziare di questo dono, rara promessa di una rivoluzione silenziosa e continua.
Certo non ci è sfuggito il “monito” che Simeone rivolge a Maria: parole non facili da digerire, una profezia non proprio incoraggiante! Eppure proprio questa “spada che trafigge l’anima” (e siamo un poco sollevati all’idea che anche Maria è passata da questa porta stretta) può permettere al nostro cuore di rilevarsi a noi stessi, consegnandosi per essere rianimato da nuova speranza, illuminato dalla Grazia per vincere le battaglie contro la malvagità, riempito dello stupore che solo Gesù che nasce ci può ridonare.
Per tutto questo diciamo: “Noi ti lodiamo, o Dio, ti proclamiamo Signore… Tu sei la nostra speranza, non saremo confusi in eterno”!
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