La Parola che conta: Venerdì 28 dicembre 2012, Santi Innocenti

Santi_InnocentiLettura

Lettura del profeta Geremia 31, 15-18. 20

Così dice il Signore: «Una voce si ode a Rama, / un lamento e un pianto amaro: / Rachele piange i suoi figli, / e non vuole essere consolata per i suoi figli, / perché non sono più». Dice il Signore: «Trattieni il tuo pianto, / i tuoi occhi dalle lacrime, / perché c’è un compenso alle tue fatiche / – oracolo del Signore –: / essi torneranno dal paese nemico. / C’è una speranza per la tua discendenza / – oracolo del Signore –: / i tuoi figli ritorneranno nella loro terra. Ho udito Èfraim che si lamentava: “Mi hai castigato e io ho subito il castigo / come un torello non domato. / Fammi ritornare e io ritornerò, / perché tu sei il Signore, mio Dio”. / Non è un figlio carissimo per me Èfraim, / il mio bambino prediletto? / Ogni volta che lo minaccio, / me ne ricordo sempre con affetto. / Per questo il mio cuore si commuove per lui / e sento per lui profonda tenerezza». / Oracolo del Signore.

 

Salmo

Sal 123 (124)

 ®  A te grida, Signore, il dolore innocente.

Se il Signore non fosse stato per noi,

quando eravamo assaliti,

allora ci avrebbero inghiottiti vivi,

quando divampò contro di noi la loro collera. ®

Allora le acque ci avrebbero travolti,

un torrente ci avrebbe sommersi;

allora ci avrebbero sommersi

acque impetuose. ®

Siamo stati liberati come un passero

dal laccio dei cacciatori:

il laccio si è spezzato e noi siamo scampati.

Il nostro aiuto è nel nome del Signore:

egli ha fatto cielo e terra. ®

Epistola

Lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8, 14-21

Fratelli, tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!». Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria. Ritengo infatti che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi. L’ardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio. La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità – non per sua volontà, ma per volontà di colui che l’ha sottoposta – nella speranza che anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio.

Vangelo

Lettura del Vangelo secondo Matteo 2, 13b-18

In quel tempo. Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo». Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Dall’Egitto ho chiamato mio figlio». Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi. Allora si compì ciò che era stato detto per mezzo del profeta Geremia: «Un grido è stato udito in Rama, / un pianto e un lamento grande: / Rachele piange i suoi figli / e non vuole essere consolata, / perché non sono più».

 

Ogni volte che ci imbattiamo in una tragedia frutto di una ingiustizia bella e buona la domanda viene spontanea: ma perché Dio non ha fatto niente? 

Anche oggi la liturgia sembra festeggiare una tragedia: come può il cuore di un Dio paterno arrestare la sua mano di fronte alla pazzia di Erode di sterminare il futuro del “suo” regno?

La profezia parla chiaro: c’è un compenso alle fatiche, un ritorno della vita che va oltre le aspettative deluse del presente. Anche Paolo la mete in questi termini: le sofferenze presenti non sono paragonabili alla gloria futura.

Sembra una “magra consolazione”: eppure se pensiamo che il nostro destino è il cielo, forse non è poi così male!

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