La Parola che conta: Martedì 24 settembre 2024 (rito ambrosiano)

Martedì della settimana della IV Domenica dopo il martirio di san Giovanni il Precursore

Memoria facoltativa di santa Tecla, martire

LETTURA Gc 3, 1-12
Lettura della lettera di san Giacomo apostolo

Fratelli miei, non siate in molti a fare da maestri, sapendo che riceveremo un giudizio più severo: tutti infatti pecchiamo in molte cose. Se uno non pecca nel parlare, costui è un uomo perfetto, capace di tenere a freno anche tutto il corpo. Se mettiamo il morso in bocca ai cavalli perché ci obbediscano, possiamo dirigere anche tutto il loro corpo. Ecco, anche le navi, benché siano così grandi e spinte da venti gagliardi, con un piccolissimo timone vengono guidate là dove vuole il pilota. Così anche la lingua: è un membro piccolo ma può vantarsi di grandi cose. Ecco: un piccolo fuoco può incendiare una grande foresta! Anche la lingua è un fuoco, il mondo del male! La lingua è inserita nelle nostre membra, contagia tutto il corpo e incendia tutta la nostra vita, traendo la sua fiamma dalla Geènna. Infatti ogni sorta di bestie e di uccelli, di rettili e di esseri marini sono domati e sono stati domati dall’uomo, ma la lingua nessuno la può domare: è un male ribelle, è piena di veleno mortale. Con essa benediciamo il Signore e Padre e con essa malediciamo gli uomini fatti a somiglianza di Dio. Dalla stessa bocca escono benedizione e maledizione. Non dev’essere così, fratelli miei! La sorgente può forse far sgorgare dallo stesso getto acqua dolce e amara? Può forse, miei fratelli, un albero di fichi produrre olive o una vite produrre fichi? Così una sorgente salata non può produrre acqua dolce.

SALMO Sal 38 (39)

Vigilerò sulla mia condotta
per non peccare con la mia lingua.

Ho detto: «Vigilerò sulla mia condotta
per non peccare con la mia lingua;
metterò il morso alla mia bocca
finché ho davanti il malvagio».
Ammutolito, in silenzio,
tacevo, ma a nulla serviva. R

Mi ardeva il cuore nel petto;
al ripensarci è divampato il fuoco.
Allora ho lasciato parlare la mia lingua:
«Fammi conoscere, Signore, la mia fine,
quale sia la misura dei miei giorni,
e saprò quanto fragile io sono». R

Sì, è solo un soffio ogni uomo che vive;
sì, è come un’ombra l’uomo che passa.
Ora, che potrei attendere, Signore?
È in te la mia speranza.
Ammutolito, non apro bocca,
perché sei tu che agisci. R

Ascolta la mia preghiera, Signore,
porgi l’orecchio al mio grido,
non essere sordo alle mie lacrime,
perché presso di te io sono forestiero,
ospite come tutti i miei padri. R

VANGELO Lc 18, 35-43
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Mentre il Signore Gesù si avvicinava a Gerico, un cieco era seduto lungo la strada a mendicare. Sentendo passare la gente, domandò che cosa accadesse. Gli annunciarono: «Passa Gesù, il Nazareno!». Allora gridò dicendo: «Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!». Quelli che camminavano avanti lo rimproveravano perché tacesse; ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù allora si fermò e ordinò che lo conducessero da lui. Quando fu vicino, gli domandò: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». Egli rispose: «Signore, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato». Subito ci vide di nuovo e cominciò a seguirlo glorificando Dio. E tutto il popolo, vedendo, diede lode a Dio.

“Se uno non pecca nel parlare, costui è un uomo perfetto, capace di tenere a freno anche tutto il corpo”: l’apostolo Giacomo ci introduce in una riflessione che sembra essere scritta proprio per l’oggi, ossia l’utilizzo del linguaggio, l’utilizzo delle parole. Partendo dal principio per il quale la parola è importante (pensiamo alle parole di Dio che creano…), non bisogna cedere alla tentazione di abusarne: così la lingua va tenuta a freno, perché se è un piccolo organo essa è capace di “contagiare” negativamente tutto il corpo. Quali parole utilizziamo? Quanto ascoltiamo? Da chi e da che e cosa ci lasciamo ispirare? Il Signore ha creato l’uomo con una bocca e due orecchie: forse dovremmo essere capaci di ascoltare di più (Lui) e parlare di meno.

«Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!»: il grido del cieco che senta passare Gesù è un grido che lo riconosce come colui che è della stirpe regale (figlio di Davide), e dunque potrebbe essere il Messia tanto atteso, e che chiede di avere pietà (sotto intendendo una richiesta di guarigione, un miracolo). Ma cosa più singolare è che questo cieco insiste nonostante l’opposizione di quanti lo circondano: essi sono da ostacolo nell’incontro con Gesù: quest’ultimo si accorge, si fa portare il cieco e chiede a lui cosa vuole. Il miracolo si compie nell’incontro con il Signore riconosciuto e nella fede di chi lo invoca.

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