La Parola che conta: Venerdì 16 agosto 2024 (rito ambrosiano)

Venerdì della settimana della XII Domenica dopo Pentecoste

Memoria facoltativa di santo Stefano d’Ungheria

LETTURA Ne 6, 15 – 7, 3
Lettura del libro di Neemia

Le mura furono condotte a termine il venticinquesimo giorno di Elul, in cinquantadue giorni. Quando lo seppero, tutti i nostri nemici ebbero paura, tutte le nazioni che stavano intorno a noi si sentirono molto umiliate e dovettero riconoscere che quest’opera si era compiuta per l’intervento del nostro Dio. In quei giorni i notabili di Giuda mandavano frequenti lettere a Tobia e da Tobia ne ricevevano; infatti molti in Giuda erano suoi alleati, perché egli era genero di Secania, figlio di Arach, e suo figlio Giovanni aveva sposato la figlia di Mesullàm, figlio di Berechia. Anche in mia presenza parlavano bene di lui e gli riferivano le mie parole, mentre Tobia mandava lettere per intimorirmi. Quando le mura furono riedificate e io ebbi messo a posto le porte, e i portieri, i cantori e i leviti furono stabiliti nei loro uffici, affidai il governo di Gerusalemme a Anàni, mio fratello, e ad Anania, comandante della cittadella, perché era un uomo fedele e temeva Dio più di tanti altri. Ordinai loro: «Le porte di Gerusalemme non si aprano finché il sole non cominci a scaldare e si chiudano e si sbarrino i battenti mentre gli abitanti sono ancora in piedi; si stabiliscano delle guardie prese fra gli abitanti di Gerusalemme, ognuno al suo turno e ognuno davanti alla propria casa».

SALMO Sal 121 (122)

Gerusalemme, città della mia gioia!

Quale gioia, quando mi dissero:
«Andremo alla casa del Signore!».
Già sono fermi i nostri piedi
alle tue porte, Gerusalemme! R

Gerusalemme è costruita
come città unita e compatta.
È là che salgono le tribù,
le tribù del Signore. R

Salgono, secondo la legge d’Israele,
per lodare il nome del Signore.
Là sono posti i troni del giudizio,
i troni della casa di Davide. R

VANGELO Lc 13, 6-9
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Il Signore Gesù diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

“dovettero riconoscere che quest’opera si era compiuta per l’intervento del nostro Dio”: anche un’opera come quella della ricostruzione delle mura e delle porte di Gerusalemme è riconosciuta, in tempo di crisi e di devastazione, come compiuta grazie alla volontà e all’ispirazione del Signore. Il significato storico di questo evento è descritto nei pochi versetti che compongono il brano: i popoli intorno si intimoriscono chiedendosi come un resto d’Israele abbia potuto fare tutto ciò. Il Significato spirituale anche per noi è presto detto: ogni opera buona, che corrisponde al volere di Dio, pur impossibile umanamente e faticosa, giunge a compimento, a patto che si rimanga umilmente sotto il Suo sguardo.

La parabola enunciata da Gesù fa riferimento quasi sicuramente alla sua missione di messia presso il popolo d’Israele, un “fico” che non porta frutti nonostante tutte le cure e le veglie a lui dedicate. Eppure il vignaiolo osa chiedere una proroga perché Lui stesso se ne prenda maggior cura: è l’insistenza del Figlio dell’Uomo che non vuole, secondo il desiderio del Padre, che nulla e nessuno vadano perduti.

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